Italia

Renzi a Strasburgo lancia la «generazione Telemaco»

Alla diatriba tra rigore e crescita preferisce la «generazione Telemaco», che ha il dovere di fare la sua parte per «meritare l’eredità dei padri». All’Ue «dal volto rassegnato e triste» a causa delle conseguenze della crisi, contrappone l’Europa «nuova frontiera», che guarda oltre, cercando vie efficaci per rispondere alle attese dei cittadini e mantenere il suo ruolo nel mondo. Il premier italiano Matteo Renzi segna il suo fugace passaggio a Strasburgo con riferimenti alla storia e alla cultura, lascia sullo sfondo «le cose da fare» (che relega in un documento scritto messo agli atti) e sfodera non poche frasi a effetto: «Solo investendo sulla crescita garantiremo il futuro dei nostri figli»; «dalla prima crisi finanziaria della storia, a Firenze, nacque il Rinascimento»; «bisogna educare al bello e ai valori perché questa è la chiave per tirar fuori» gli Stati e l’Unione dall’impasse attuale.

Storia antiche, polemiche modernissime. Renzi non bada al protocollo: arriva tardi, annulla la consueta conferenza stampa, polemizza con toni piuttosto aspri con il capogruppo dei Popolari, il tedesco Weber, il quale lo aveva ammonito: «Con i debiti non si crea il futuro». Il presidente del Consiglio la prende male: «Non siamo qui a prendere lezioni», «la Germania per prima ha violato le rigorose regole di Maastricht», quando – lascia intendere – le faceva comodo. Gli applausi a scena aperta si susseguono: solo dai banchi euroscettici, da quelli della Lega, del Movimento 5 Stelle salgono critiche a tratti feroci. Ma il premier vola alto. Oggi si registra il «passaggio di consegne» tra il semestre greco e quello italiano: «Immaginiamo quale potrebbe essere il testimone tra Grecia e Italia», osserva. «Pensiamo a elementi affascinanti, al rapporto fra Anchise ed Enea, fra Pericle e Cicerone. Grecia e Italia rappresentano agorà e foro, tempio e chiesa, Partenone e Colosseo. Eppure noi non pensiamo a questo quando parliamo, oggi, di Grecia e Italia, e neanche al senso della vita, nonostante Aristotele e Dante, Archimede e Leonardo. Pensiamo piuttosto alla crisi, allo spread, alle difficoltà finanziarie, perché è ancora aperta la ferita lasciata dalla recessione».

Il selfie del Vecchio continente. Così, aggiunge Renzi, «se l’Europa adesso facesse un selfie quale immagine verrebbe fuori?». «Vedremmo il volto della stanchezza, della rassegnazione, il volto della noia». «La vera grande sfida oggi è dunque quella di ritrovare l’anima dell’Europa, il senso profondo del nostro stare insieme». Aggiunge: «Per cambiare l’Europa dobbiamo prima cambiare il nostro Paese. L’Italia viene a dire in questo semestre che ha voglia di cambiare» se stessa e in Europa «vogliamo dare prima che ricevere». Il rimando kennediano è di tutta evidenza. All’economia il relatore lascia poco spazio: «Vogliamo rispettare le regole» del Patto di stabilità e crescita ma, aggiunge immediatamente, occorre «considerarne i due aspetti: sia la stabilità, dunque il rigore, sia la crescita», perché senza quest’ultima «non c’è futuro». Nel discorso all’Eurocamera Renzi – che assume così la presidenza di turno del Consiglio Ue per il secondo semestre 2014 – accenna ai risultati del summit della scorsa settimana; dice che occorre «investire nel capitale umano», ritiene si debba creare un «servizio civile europeo per far fare ai giovani l’esperienza dell’Europa» (e lo ribadisce nella replica, dopo i numerosi interventi dei deputati europei). Riguardo i difficili rapporti con Londra afferma: «Un’Europa senza Regno Unito sarebbe semplicemente meno Europa».

Visione, valori, problemi concreti. L’immigrazione non può mancare: l’Italia è la porta europea sul Mediterraneo, il mare ogni giorno consegna i barconi di disperati e, sempre più spesso, i cadaveri di chi, in fuga dal proprio Paese, aveva sperato in una vita dignitosa. Con l’aiuto dell’Ue «riusciremo a far fronte in modo più deciso» all’emergenza umanitaria. «Ma non è solo l’immigrazione il problema. Proviamo a rovesciare l’approccio: l’Africa deve vedere un protagonismo maggiore dell’Europa», che passi dalla cooperazione economica, dalle sfide energetiche, dalla «dimensione umana». «L’Europa si deve indignare», e conseguentemente agire, «per la situazione cui è costretta Asia Bibi, perseguitata e condannata a morte perché cristiana in Pakistan, per il rapimento delle ragazze nigeriane, per Meriam…». Il discorso passa agevolmente da un tema all’altro, sempre in bilico tra valori e realtà ferale, tra insegnamenti del passato e sfide del domani. «Si possono voltare le spalle all’Inno europeo – dice a un certo punto, polemizzando con gli euroscettici di Nigel Farage – ma non si possono perdere di vista i problemi reali» degli europei. Le risposte «concrete» sono bypassate, come rileva un eurodeputato conservatore: «Ma se lei sa fare come sa parlare, questa presidenza potrebbe essere ricordata a lungo».