Italia

Ruini: fermare il declino del Paese

“Un nuovo 11 settembre, che questa volta ha colpito non gli Stati Uniti d’America ma l’Unione europea”. Così il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, ha definito il “massacro di Madrid”, aprendo il Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 25 marzo. Nella prima parte della prolusione, di cui diamo una nostra sintesi, il presidente della Cei si è soffermato sull'”intima coerenza” del pontificato di Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla sua prima enciclica (“Redemptor Hominis”), sottolineando la capacità del Pontefice di “influire con sorprendente efficacia sul corso degli eventi”, grazie ad un “robusto realismo storico” e alla “percezione della presenza decisiva di Dio nelle vicende degli uomini e dei popoli”.

“L'”11 SETTEMBRE” DELL’EUROPA. I “motivi” della “tragica rilevanza” dell’attentato terroristico dell’11 marzo scorso, per i vescovi italiani, “non risiedono nelle tecniche impiegate per provocare la strage, ma nelle dimensioni della carneficina, nel suo aver luogo in un Paese dell’Unione europea e nella finalità ‘politica’ che in questo caso la strategia del terrore ha messo in luce con speciale evidenza”. Di fronte a tale “orrenda strage terroristica” – che è soltanto l’ultimo atto di “una orribile catena” culminata nell’11 settembre (ma in realtà manifestatasi “già prima”, e con conferme recenti nella strage del 6 febbraio nella metropolitana di Mosca, oltre che “nel continuo spargimento di sangue in Terra Santa”, con “da ultimo l’uccisione dello sceicco Ahmed Yassin”, e in Iraq) – la “prima risposta”, come ha detto il Papa, “consiste nella preghiera, nella solidarietà fraterna verso chi è stato colpito, ma anche, sul piano morale, nell’assoluta condanna di simili atti ingiustificabili”, frutto di una “infame strategia” che colpisce “di proposito la popolazione inerme”: sarà proprio la “forza” di questa “reazione morale”, ha affermato il cardinale, a sconfiggere la “grande miopia” degli autori o mandanti di simili stragi. Il “secondo” passo da fare consiste “nel rifiuto di entrare in una logica simile a quella che ispira il terrorismo, rinunciando alle radici della nostra civiltà e ai principi di un autentico umanesimo”.

Credere all'”etica dell’amore fraterno, senza confini di razze, culture o religione”, vuol dire per i credenti guardarsi “dai rischi di odio e di intolleranza”, soprattutto “nei confronti dei musulmani”, perché “cedere a questa deriva significherebbe assecondare i disegni dei terroristi”. “Non lasciarsi vincere dalla paura” e “non lasciarsi condizionare, nelle nostre scelte, dai ricatti fin troppo palesi a cui gli strateghi del terrorismo vorrebbero sottoporci”: questo, per Ruini, il “terzo aspetto” di una “risposta adeguata” al terrorismo, la cui “forza apparente è in realtà espressione estrema di una debolezza spirituale e culturale che il fanatismo omicida inutilmente cerca di nascondere”.

“UNITÀ”, “SOLIDARIETÀ” E RUOLO DELL’ONU. Solo attraverso le “vie” dell'”unità di intenti e della solidarietà sincera e attiva nella prevenzione, nella repressione, ma anche nella rimozione delle cause del terrorismo stesso” si può cercare di dare una risposta “non solo alla tragedia di Madrid, ma al gravissimo problema posto a livello internazionale da questo tipo di terrorismo”.

Sul fronte interno, ciò richiede “l’unità profonda del nostro popolo, pur nella legittima diversità delle visioni e interpretazioni culturali e politiche”, mentre a livello internazionale occorre “un progresso rapido e deciso nella realizzazione dell’Unione europea e una rinnovata coesione tra le due sponde dell’Atlantico”. “Non meno importante ed essenziale” è inoltre “una solidarietà più larga, che può trovare soltanto nelle Nazioni Unite”, nonostante “i limiti attuali”, espressione “adeguata e pienamente autorevole” e che “deve coinvolgere in particolare le stesse nazioni islamiche”, le sole in grado (con l’aiuto “sincero e lungimirante” dell’Occidente) di “bonificare il terreno di coltura” del terrorismo, sul piano “spirituale, culturale, sociale ed economico”.

LA “SINDROME DI DECLINO” E LE RIFORME. “Superare” la “situazione di stallo” ed “imboccare effettivamente la via di un confronto più pacato, concreto e responsabile”. Questa, per i vescovi, la “ricetta” per scongiurare la “sindrome di declino” di cui soffre il nostro Paese, alle prese da una parte con i “contrasti molto accesi, sia tra maggioranza e opposizione sia all’interno dei due schieramenti”, dall’altra con “gli inviti e anche i tentativi concreti di affrontare con un approccio il più possibile condiviso e corresponsabile i problemi di maggior rilievo della nostra società”.

Ruini ha definito “particolarmente contrastate e controverse” le riforme istituzionali, auspicando per esse “una visione d’insieme, coerente e capace di mostrarsi efficace, vantaggiosa e concretamente praticabile alla prova dei fatti”. Un “clima almeno in parte nuovo” “sembra delinearsi” invece in materia di giustizia, mentre il progetto di riforma delle pensioni, nonostante le “non poche modifiche”, continua ad “incontrare forti opposizioni”, con il “rischio” che prevalga una “dannosa situazione di incertezza”. Sul piano economico, “il nostro sistema di imprese mostra vari e a volte acuti punti di sofferenza, con inevitabili ripercussioni sul settore bancario e sulla fiducia dei risparmiatori”. Per la Cei, dunque, l’Italia “ha bisogno di un forte rilancio”, anche grazie a riforme “effettive, coraggiose ed equilibrate”, oggi “necessarie e a urgenti” in primo luogo per affrontare “con successo” i due nodi fondamentali “dell’incremento dell’occupazione” e dello “sviluppo complessivo” del Mezzogiorno.

LE FAMIGLIE E IL “RILANCIO” DEL “SISTEMA ITALIA”. “Operare per il rilancio demografico dell’Italia significa anche far crescere quegli atteggiamenti di fiducia, di voglia di futuro, di capacità di iniziativa e di responsabilità che sono forse, oggi, il più fondamentale bisogno del nostro popolo”. Ruini ha rivolto un appello a gli “uomini di cultura” e agli “operatori della comunicazione” affinché collaborino con la Chiesa nell'”investire” le loro “migliori risorse nel sostegno della famiglia e nella formazione delle nuove generazioni, per aiutarle a dar vita a loro volta a famiglie sane ed autentiche”.

Le “culle vuote”, ha sottolineato il cardinale citando il recente messaggio di Ciampi alle donne, “sono il vero, il primo problema della società italiana”, perché “la condizione prima e non sostituibile per il rilancio e per il futuro del cosiddetto ‘sistema Italia’ riguarda il nostro andamento demografico”. “Una più organica politica a favore della famiglia”, partendo dalla consapevolezza che “i figli non sono soltanto una scelta che riguarda i loro genitori, ma un bene e una necessità essenziale per l’intera società”: questa, in sintesi, la richiesta dei vescovi, che auspicano “misure concrete” come una “ripartizione del carico fiscale” in base al numero dei componenti e al reddito della famiglia, una “politica della casa” a favore delle giovani coppie, un “incremento sostanziale dei nidi d’infanzia e delle scuole materne” e un “approccio al lavoro femminile” capace di “coniugare” realizzazione personale e “vocazione” alla maternità.

PREGHIERA, “FARMACO SPIRITUALE”? In un mondo, come quello attuale, in cui sono sempre più diffuse le tendenze a “rimanere chiusi nel cerchio del proprio io” o a “ricercare e coltivare anzitutto il proprio benessere”, anche la preghiera corre il rischio di ridursi ad un “farmaco spirituale”. Nella prima parte della prolusione, Ruini si è soffermato sul tema della parrocchia, in vista della prossima Assemblea di maggio, e sul “rapporto personale con Dio” da cui “dipende la fecondità del servizio apostolico” dei vescovi e dei preti.

Ai parroci, il presidente della Cei ha infatti raccomandato di “non lasciarsi totalmente assorbire e fagocitare dalle mille sollecitudini quotidiane”, e di coltivare “l’arte della preghiera cristiana”, il cui “scopo” principale non consiste tanto nella “serenità” o nell'”autentica riconciliazione anche con noi stessi”, ma “in quel rapporto con Dio, fatto di fede e di fiducia, di lode, di gratitudine e di amore, che il Signore Gesù ha reso possibile anche al più piccolo dei fratelli”. La preghiera cristiana, dunque, è “aliena dalle fughe nell’intimismo, che anche oggi accompagnano spesso la ricerca di conforto spirituale”, perché mostra la sua “autenticità” nella “sollecitudine e dedizione con cui spendiamo noi stessi per le persone con cui abbiamo rapporti diretti ma anche per il bene comune della società a cui apparteniamo”. a cura di M. Michela Nicolais

La Prolusione del card. Ruini (22 marzo 2004)