Italia

Sport e giovani: Csi, un milione e 200mila tesserati. In Italia 10mila società

Un milione e 200mila tesserati, dei quali oltre 457mila giovani under 18; oltre 10mila società presenti in 3.182 comuni (40% rispetto al totale delle amministrazioni italiane), 101 province e 20 regioni. Sono i numeri del Centro sportivo italiano (Csi), ente di ispirazione cristiana per la promozione dello sport di base, la cui attività si regge sugli oltre 135mila dirigenti, tecnici e arbitri che mettono il loro tempo a disposizione per garantire momenti di sport ai più giovani. I dati sono stati illustrati oggi a Palazzo Montecitorio, nel corso della presentazione del report «S Factor: più sport come fattore di sviluppo, coesione ed educazione». Un incontro che ha l’obiettivo di dare vita a un confronto sui valori dell’attività sportiva giovanile con il Governo e la Chiesa in un momento decisivo per il futuro del paese tra la discussione sulla nuova legge elettorale e 
le modifiche ai decreti attuativi della riforma degli enti del Terzo settore. «S Factor» è il prodotto di un’analisi, elaborata da Sg Plus Ghiretti & partners, in cui il Csi si racconta come «integratore sociale» attraverso il valore dello sport di promozione e presenta alcune buone pratiche che hanno contrastato la povertà educativa e promosso la ricchezza di esperienze, collegandola soprattutto alle nuove forme di fruizione sportiva e alle differenti modalità di apprendimento dei più giovani.

L’attività di promozione sportiva del Centro sportivo italiano (Csi) coinvolge oltre 457mila under 18 generando un risparmio di circa 250 milioni di euro sulla spesa sanitaria pubblica. Roberto Ghiretti, di SG Plus che ha curato l’indagine, spiega che «in Italia, secondo la ricerca, l’inattività sportiva comporta un costo complessivo di oltre 12,1 miliardi di euro, pari all’8,9% della spesa sanitaria nazionale». In Europa, secondo l’Oms, «l’83% dei giovani non svolge sufficiente attività motoria, percentuale che sale al 93% tra i ragazzi italiani di 13 anni esponendoli a una maggiore predisposizione a malattie, obesità (il 20% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni è già in sovrappeso), aumento di dipendenza (il 50% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni ha assunto sostanze psicotrope, il 30% ne fa uso abituale, una percentuale maggiore fa uso di alcol), sviluppo di nuovi fenomeni come l’intossicazione digitale (stati di ansia se impossibilitati a controllare il proprio smartphone)». Una situazione che, afferma il report, si traduce anche in un grave deficit economico con un costo complessivo di oltre 12 miliardi di euro, pari all’8,9% della spesa sanitaria italiana. Al contrario, con livelli raccomandati di attività motoria si raggiungerebbero vantaggi per più di 2.4 miliardi di euro. Alla luce di questo quadro il ruolo del Csi, che coinvolge oltre 457mila giovani under 18, «diventa fondamentale per tenere in movimento un alto numero di ragazzi, permettendo loro di mantenere uno stile di vita attivo, e per determinare un risparmio superiore ai 250 milioni di euro sulla spesa sanitaria pubblica».

L’attività di promozione sportiva del Centro sportivo italiano (Csi) si contraddistingue per la presenza capillare sul territorio che, attraverso i suoi comitati, permette di operare nelle principali zone periferiche delle più grandi città italiane con una capacità di penetrazione fortissima. Nelle oltre 10mila società, spiega Roberto Ghiretti di SgPlus, operano oltre 135 mila dirigenti, tecnici e arbitri che mettono il loro tempo a disposizione per garantire momenti di sport ai più giovani, un impegno, afferma la ricerca, «che equivale a più di 10 milioni di ore di volontariato per un valore economico superiore ai 160 milioni di euro». Cento le discipline praticate; oltre 300mila le partite/gare giocate ogni anno; 850 giocate ogni giorno; 500 mila ragazzi e relative famiglie coinvolti ogni anno nella proposta educativa del Csi. «Lo sport – affermano gli estensori del report – è un ‘integratore sociale’ che mette in gioco valori umani e socio-economici spesso sottovalutati e che risultano essere strategici per promuovere politiche di sviluppo e di coesione, a partire dai territori e dai bisogni e sogni delle persone».

«L’integrazione si fa anche sui campetti di calcio», ha detto ancora Roberto Ghiretti. I campi e le palestre del Csi sono infatti «luoghi nei quali migliaia di bambini e ragazzi stranieri possono conoscere coetanei italiani e avviare processi di amicizia e integrazione». Dal report emerge che in ogni società Csi vi sono almeno tre ragazzi stranieri (di prima o seconda generazione) e ogni anno il Csi sviluppa centinaia di progetti di integrazione. Nel 2016 oltre 11mila minori figli di profughi e richiedenti asilo sono stati coinvolti nelle attività sportive. Ma l’associazione è presente anche nelle 12 periferie più «difficili» del paese – come ad esempio Corvetto a Milano, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, Zen a Palermo – con oltre 80 società e 9.400 tesserati che coinvolgono nell’attività sportiva bambini in situazioni disagiate. Un vero servizio alla comunità in dialogo e collaborazione con diocesi e parrocchie – in particolare con gli oratori – e con le istituzioni.