Italia

Strage di Bologna: mons. Zuppi: «Dimenticare sarebbe un tradimento per le vittime»

«Una ferita insopportabile, dolorosa a distanza di tanti anni, perché il tempo in realtà non lenisce o fa passare il dolore, anzi, qualche volta lo rende più profondo e acuto con una percezione fisica della definitività così difficile da accettare». Così, stamattina, mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha definito la strage alla stazione di Bologna, nella Messa di suffragio per le vittime, celebrata nella chiesa parrocchiale di San Benedetto, nel 37° anniversario dell’attentato. «È la ferita per la perdita dei nostri cari – ha osservato il presule – ma ancora di più per il modo con cui questa è avvenuta. Dopo il terribile scoppio che ha inghiottito le loro vite non c’è stata la ricostruzione desiderata e dovuta. Insieme a loro ricordiamo anche tutte le persone che ne portano ancora le conseguenze nel corpo e nell’anima». Ma, ha sottolineato l’arcivescovo, «in fondo la strage ha segnato la vita di tutta la nostra città in maniera indelebile. Non vogliamo e non possiamo dimenticare. È vero che sarebbe un tradimento di quanti ne sono state vittime».

«L’amore diventa ricordo e il loro sangue ci chiede di fare tutto il possibile perché quanto successo non avvenga per altri – ha sostenuto mons. Zuppi -. Lo abbiamo fatto poco fa con il ricordo istituzionale, esigente come non può non essere da chi attende giustizia e non vuole arrendersi che questa non ci sia. Lo faremo con la bella iniziativa di quegli ottantacinque narratori che hanno raccolto tanti frammenti della storia delle persone uccise nella strage. Essi racconteranno in vari luoghi della città la storia di quei nomi, ci ricorderanno che sono ognuno una persona, una vita, quella vissuta e quella rubata dagli assassini».

«Il male – ha proseguito l’Arcivescovo di Bologna – si nutre dell’indifferenza, cresce nell’individualismo, quando cioè il destino dell’altro non mi interessa, non lo sento mio, lo guardo come un estraneo, al massimo posso avere qualche solidarietà, ma sempre da spettatore, come fosse un problema suo e non nostro. Per voi la consolazione avvenne fin dal primo momento dopo quei terribili momenti. Ad una forza di distruzione si contrappose subito una energia straordinaria di amore, di dedizione, di generosità, istintiva, commossa, umanissima».

«Tutta la città si mobilitò e si unì, si sentì partecipe e tutti furono come parenti delle vittime e sentirono quelle persone come fossero i propri familiari. A distanza di anni è ancora così. Quante lacrime vedere quei nomi! Ecco cosa significa solidarietà: aiutarsi, non lasciare soli», ha osservato.

«Consolazione – ha precisato il presule – non è solo lenire il dolore, ma trovare delle risposte, sapere trarre dal male una forza di vita che così lo sconfigge. Quello che chiedono i nostri morti non è la vendetta, ma giustizia, fraternità, solidarietà. Non smettiamo di cercarla». Intanto, l’invito, «la doniamo agli altri anche per le vittime delle troppe stragi che in tante città oggi Caino prepara, con la solita complicità di tanti, di quella belva umana che ancora non è contenta perché non ha imparato a vivere senza ammazzare».

«Non vogliamo consolazioni finte, di convenienza, che in realtà irritano e feriscono ancora di più, come le promesse non rispettate perché perse nel grigio della burocrazia, dove nessuno è responsabile. Vogliamo risposte vere», ha affermato mons. Zuppi, che ha anche esortato a non stancarsi «di chiedere, con umile fermezza, a chi sa qualcosa di dirlo, di liberarsi, di trovare un modo per aiutare a consolare qualcosa che non trova consolazione. Farlo è un dovere e un debito che essi hanno. Farlo aiuta e mitiga un giudizio severo sulla loro vita, perché oltre quello degli uomini e della coscienza personale c’è il giudizio di Dio».