Italia

Terremoto Centro Italia. Un anno dopo 7.500 persone in albergo, 838 le casette

Era la notte del 24 agosto 2016 quando un terremoto di magnitudo 6.0 scosse il Centro Italia: interi paesi rasi al suolo, quattro le regioni colpite, Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo. Dopo di quella, decine e decine di scosse si sono susseguite: nel cuore della nostra penisola, le persone hanno continuato a tremare.

La potente replica del 30 ottobre, la più forte quattro giorni dopo, quella del 18 gennaio, che causò anche la tragedia del Rigopiano, in un territorio già colpito delle abbondanti nevicate di quei giorni. Una sequenza drammatica, cominciata, come detto, 365 giorni fa.

E oggi, qual è la situazione in quelle zone? A che punto è la ricostruzione? L’abbiamo chiesto a Paolo Molinari, direttore dell’ufficio relazioni istituzionali del Dipartimento della Protezione Civile. «Stiamo lavorando a pieno regime: si faranno presto grossi passi avanti». Le persone assistite. A oggi sono circa 40 mila le persone che hanno scelto di beneficiare del Cas, il contributo di autonoma sistemazione (in pratica, che hanno trovato una sistemazione in autonomia beneficiando di questo contributo). Sono invece 7.500 le persone «assistite direttamente», vale a dire ospitate presso strutture alberghiere, immobili di proprietà comunali, prefabbricati e container eredità di terremoti passati (L’Aquila, l’Umbria).

«Complici le continue scosse, non è disponibile un numero delle persone assistite all’inizio per fare un confronto – spiega Molinari – Ma al 6 novembre 2016, erano 31.700 le persone assistite direttamente. Oggi sono 7.500: qualche risultato c’è stato».

Le soluzioni abitative in emergenza. Le persone che vivono all’interno dei Sae, le Soluzioni abitative in emergenza, non sono considerate «assistite». «A fine agosto avremo consegnato complessivamente 838 casette provvisorie, su un ordine totale di 3.600 Sae». È questo uno dei numeri che fa più discutere: «Per valutare correttamente questo dato, è necessario prendere in considerazione una serie di fattori che spesso sono tralasciati – sottolinea Molinari -. Innanzitutto, il susseguirsi delle scosse, fatto mai avvenuto prima. Le conseguenze, nel caso del Centro Italia, sono state ben diverse rispetto agli altri sismi più recenti». In secondo luogo, continua, va ricordata l’estensione del territorio coinvolto: dopo la scossa del 24 agosto, erano 50 i comuni coinvolti. Alla fine delle repliche (inclusi quelli colpiti dalle nevicate di metà gennaio), erano 140. Ancora, Molinari mette in luce le difficoltà per l’individuazione di terreni idonei alla collocazione dei Sae: «I comuni coinvolti sono in larga parte collinari e montani, non si trovano facilmente spianate. Identificare aree sicure – sia da un punto di vista morfologico, sia idrologico – è stato difficile». E fa un esempio: «Per le aree laziali colpite dal terremoto di agosto avevamo fatto un ordine di 784 casette. Entro la fine nel mese ne avremo consegnate 614, vale a dire il 77 per cento del fabbisogno. Un dato che testimonia i limiti oggettivi riscontrati altrove, nelle Marche, per esempio».

I rilievi dei danni. «Dopo la prima scossa, noi avevamo pianificato le attività. Ma il piano è stato messo in discussione più volte, costringendoci dopo ogni scossa a ripetere attività già svolte. Ogni volta abbiamo dovuto riportare a zero il contatore».

Dopo il sisma del 24 agosto, erano 70.000 i rilievi di danni agli immobili che la Protezione Civile si impegnò a fare. Alla fine, si contarono circa 212.000 verifiche di agibilità da effettuare: i sopralluoghi ancora da svolgere sono circa 14mila. «Si tratta soprattutto di seconde case, che chiaramente abbiamo tenuto in coda. L’aspetto da non sottovalutare è che queste rilevazioni sono propedeutiche all’assegnazione delle casette: le tempistiche sono quindi legate a doppio filo». Le macerie. Un altro dato su cui si è discusso molto, riguarda le macerie, ancora ben presenti. «Sono già stati rimosse circa 2 tonnellate di macerie, il 65 per cento del totale. Un dato enorme se confrontato con quello dell’Aquila: lì, un anno dopo, non ne era stato rimosso che il 2 per cento. E poi vanno distinte le macerie pubbliche da quelle private». Le istituzioni, spiega, non hanno il diritto né il potere di portare via le macerie private, proprio perché sono di proprietà privata, «un diritto costituzionalmente garantito», sottolinea. è il singolo cittadino a decidere cosa farne: può chiederne la rimozione allo Stato, o può scegliere di farlo in autonomia, decidendo di conservarle, per esempio, per recuperare beni personali o architettonici. «Mi rendo conto la situazione sia complicata. Noi lavoriamo di concerto con tante istituzioni, i procedimenti richiedono tanti passaggi. Sia in fase emergenziale, sia in fase di ricostruzione, l’architettura è complessa; facciamo i conti con una legislazione previgente agli eventi che dà direttive rigorose che spesso aggravano i procedimenti. Ma lo si fa in nome della trasparenza e dei diritti dei cittadini».

«Se si possono snellire queste procedure? Certo, ma rinunciando a determinati diritti, come a quello alla proprietà privata sulle macerie. Insomma, la situazione è spesso ben più complicata di quello che sembra», ammonisce Molinari.

Vasco Errani, commissario straordinario per la ricostruzione, traccia un bilancio positivo: «Un miliardo e 300 milioni di euro messi in campo a sostegno dell’economia, un impianto di ricostruzione più innovativo e completo rispetto al passato», ha spiegato l’ex Governatore dell’Emilia-Romagna. Trentacinque ordinanze già pubblicate; 21 nuove scuole con 38 edifici di classe quarta che garantiscono sicurezza sismica e qualità energetica; 250 milioni in due anni per la messa in sicurezza di altre 87 scuole; 52 milioni per il recupero di case pubbliche; un primo intervento da 14,3 milioni per 69 chiese e un altro, successivo, per altre 111; 207 milioni per la ricostruzione di opere pubbliche; un Piano per i beni culturali da 170 milioni. E quando Errani smetterà di coprire questo incarico? «Noi lavoriamo per il Paese, cercando sempre di fare del nostro meglio».