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Terremoto: mons. Pompili (Rieti) ai sindaci della diocesi, «Frenare campanilismi e coinvolgere cittadinanza»

«La scossa che ha prodotto un vero disastro degli affetti, delle case, dei luoghi di lavoro e delle chiese, deve e può trasformarsi in una ri-scossa. Questa è l’occasione per fare cose che forse da tempo andavano affrontate insieme. Ciò richiede di tenere a freno un certo campanilismo che rende ancora più irrilevanti e, nello stesso tempo, vigilare perché la cittadinanza sia coinvolta e partecipe». È quanto ha detto monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, parlando ai sindaci del territorio della diocesi nel corso di un incontro avvenuto nel pomeriggio di ieri, organizzato dall’Ufficio diocesano problemi sociali e lavoro in occasione del 50° anniversario della pubblicazione della «Populorum progressio» di Paolo VI.

«Ci sono due modi per affrontare il post-sisma – ha affermato il vescovo -: attendere dallo Stato tutto e magari perfino il superfluo, ben sapendo che questo terremoto nasce in un contesto blindato in cui non è possibile strafare; oppure collaborare a far sì che le iniziative della ricostruzione siano l’avvio di una ripresa economica e sociale che attendevamo, anche a prescindere da questo sinistro evento». «Dopo il terremoto – ha spiegato mons. Pompili – l’azione del Primo Cittadino è diventata quella di chi ‘ci mette la faccia’ per descrivere la possibile ricostruzione. Al netto di ciò che compete allo Stato centrale, regionale, provinciale, chi rende credibile e avvicinabile l’istituzione pubblica è sempre il sindaco». I sindaci sono «la figura pubblica destinata a riconciliare la politica con la società civile, l’estrema frontiera di un tessuto frammentato e spesso disorientato, che trova in lui l’ultimo, e talora, l’unico interlocutore».

Tre le parole suggerite dal presule ai sindaci «per attraversare il tempo che ci sta davanti e che, realisticamente, non durerà meno di 10 anni: silenzio, sogno, serietà». Silenzio vuol dire «mantenere, nel vortice degli impegni, uno spazio per ritrovarsi, senza farsi mangiare da imbonitori, adulatori, accusatori», sogno indica «la capacità di guardare le cose con una prospettiva di lungo periodo. Oggi questa contrazione dello sguardo rende nemica la vita amministrativa, che si concentra solo su quello che urge e mai si interroga seriamente sulle questioni decisive. Bisogna provare a immaginare il futuro, lasciandosi stanare dai soliti luoghi comuni e provare a immaginare qualcosa di diverso».

Quanto alla serietà, è un richiamo a cogliere nel tempo presente, segnato dal terremoto, anche l’opportunità di compiere quelle cose necessarie, ma che finora non si è riusciti a fare, con le infrastrutture stradali e ferroviarie come priorità. «Siete sindaci in un periodo storico avaro di riconoscimenti per chi si impegna a farsi carico degli altri», ha concluso il vescovo. «La Chiesa vi è accanto e desidera condividere questa fatica del bene comune, senza la quale la nostra società rischia la disgregazione. Grazie per il vostro impegno quotidiano».