Italia

URANIO IMPOVERITO: LE ONG ITALIANE, CHIAREZZA PER I 620 VOLONTARI INVIATI NEI BALCANI

I rischi causati dall’uranio impoverito nei Balcani nel periodo post bellico, preoccupano le Ong italiane che, dal 1999 al 2001, sono state attive nella medesima area con 620 persone tra volontari e cooperanti di 16 organismi non governativi italiani. A rilevarlo è l’associazione Ong italiane, a cui fanno capo 160 organismi di cooperazione internazionale. L’associazione, in una nota diffusa ieri sera, fa riferimento alla recente morte dell’alpino sardo, Valery Melis, colpito dal linfoma di Hodgkin dopo quattro missioni di pace nei Balcani, che ha fatto ritornare all’attenzione dell’opinione pubblica la preoccupazione sui rischi causati dall’uranio impoverito. “Rischi – precisano le Ong – che non interessano esclusivamente i militari che sono stati attivi in quella zona dal 1999 in poi, ma anche le centinaia di volontari impegnati soprattutto in delicate operazioni di sminamento”. “Al momento – riferisce Sergio Marelli, presidente dell’associazione Ong italiane – non è stata fatta ancora luce su un eventuale collegamento diretto tra l’utilizzo di uranio impoverito e la morte di alcuni soldati italiani transitati nell’area balcanica, motivo per cui la preoccupazione delle Ong italiane e dei familiari dei 620 volontari che hanno operato nei Balcani nel periodo a rischio è ancora altissima e merita che sia fatta chiarezza sulle cause e sulle conseguenze dell’uso di queste armi”.

La cosiddetta “Sindrome dei Balcani”, che ha finora ucciso oltre 20 militari, è tuttora scientificamente un mistero. Al momento sono presenti nell’area balcanica 57 volontari di Ong italiane, per un totale di 30 progetti. Dall’inizio degli anni ‘90 le Ong impegnate nei Balcani sono state più di 60 con oltre un migliaio di volontari.Sir