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Unioni civili: associazioni cattoliche bocciano sia la legge che il ricorso alla fiducia

Costalli (Mcl), bocciatura «nel metodo e nel merito». Una bocciatura senza appello «nel metodo e nel merito» della legge sulle unioni civili. È la posizione del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), espressa dal presidente Carlo Costalli. «Nel merito del provvedimento abbiamo da sempre una posizione assolutamente critica», afferma Costalli. «Questa volta, però – aggiunge – al problema di merito se ne aggiunge uno di metodo: mettere la fiducia su temi di questo tipo, che hanno a che fare con i valori, è un errore clamoroso». «Peraltro – precisa – con la maggioranza schiacciante che il governo ha alla Camera, non era certo necessaria la fiducia per l’approvazione della legge», il cui unico scopo – ad avviso del presidente del Mcl – è «evitare il dibattito».

Boscia (Amci), «una legge contro la Costituzione». «La legge sulle unioni civili approvata dal Parlamento è contraria alla Costituzione. Non si possono mettere sullo stesso piano la coppia di coniugi fondata su un patto stabile, duraturo ed egualitario, con altre convivenze che non sono altro che un fatto». Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani, giudica la nuova legge richiamandosi all’articolo 29 della Costituzione, laddove si parla della famiglia fondata sul matrimonio. «Non esistono le famiglie – sottolinea – esiste la famiglia, unione fondata sul patto tra un uomo e una donna, che con i figli rappresenta la cellula base della società». Boscia teme che la legge e la visione culturale che c’è dietro possano determinare «conseguenze letali per il tessuto sociale». «La genitorialità – ribadisce Boscia, che ha la cattedra di fisiopatologia della riproduzione umana e bioetica all’università di Bari – implica sempre la paternità e la maternità. Non è possibile fare a meno di queste dimensioni fondamentali della vita umana. Quando si cerca di nasconderle, magari introducendo termini burocratici come ‘genitore 1’ o ‘genitore 2’, si esercita una forma di violenza sui soggetti più deboli, che sono i figli». Sullo sfondo c’è poi la questione dell’utero in affitto. «È evidente – afferma il presidente dell’Amci – come la legge apra la strada a forme di compravendita del corpo femminile. A parole quasi tutti si dicono contrari, ma già sono emersi molti elementi di ambiguità nel dibattito e per il futuro bisognerà vedere». «Sarebbe finalmente ora – è la conclusione di Boscia – che la politica si facesse carico dei problemi reali delle famiglie».

D’Agostino (Ugci), ragioni «molto deboli». «Vera forzatura è quella dei media». Le ragioni oggettive «che possono indurre al riconoscimento legale delle unioni di fatto (eterosessuali o omosessuali) sono molto deboli»; se queste sono riuscite a imporsi «in tutto l’Occidente» è perché «hanno elaborato forti pretese di carattere simbolico e antidiscriminatorio» affermatesi anche al prezzo di «destrutturare la specificità dell’istituto matrimoniale e familiare». Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci), commenta il ddl sulle unioni civili e osserva che «le discussioni parlamentari in materia non sono state caratterizzate da quelle necessarie forme di intelligenza che la questione avrebbe doverosamente dovuto imporre». «Può solo far sorridere», aggiunge, che il testo «definisca le unioni civili alla stregua di ‘istituto giuridico originario’». Per quanto riguarda l’ampia discrezionalità lasciata ai magistrati per le adozioni dopo lo stralcio della stepchild adoption, D’Agostino nutre il timore che i giudici, «quando assumono decisioni in contesti così delicati, si facciano guidare più dalla loro ideologia che dalle necessità del caso concreto». La fiducia è una «forzatura», ma «solo a livello parlamentare, a un livello, quindi, piuttosto ‘basso’. La vera forzatura su questi temi» è stata «quella posta vistosamente in essere dai mass-media». Nel ritenere che l’approvazione della legge «costituisca una svolta ‘epocale’ nel nostro Paese», il giurista si dice altresì convinto che si tratti di « una svolta tutto sommato provinciale». «Il compito che ci spetta – conclude – è duplice: prima quello di verificare l’irrilevanza socio-economica di tali unioni, poi quello di tornare a far capire all’opinione pubblica che matrimonio e famiglia non hanno equivalenze funzionali. E’ un compito durissimo, ma necessario».

Stefano e Rita Sereni (Azione cattolica), fiducia «ha azzerato possibilità di confronto serio». Il ricorso del governo alla fiducia sul ddl sulle unioni civili è «fuori luogo». Solo un serio confronto avrebbe potuto portare a una «soluzione legislativa» in grado di «interpretare il sentire profondo degli italiani». Ne sono convinti Stefano e Rita Sereni, responsabili nazionali dell’Area famiglia e vita dell’Azione cattolica italiana. «Rispetto alla stesura originale del disegno di legge, indubbiamente, alcuni punti particolarmente negativi come l’introduzione della stepchild adoption sono venuti meno – riconoscono -, ma le questioni al centro della legge sono di grandissima importanza e, per questo, ci sembra quanto mai fuori luogo il ricorso del governo alla fiducia. Avremmo auspicato che ci si prendesse tutto il tempo necessario per un dibattito su temi così importanti», che richiedono «una delicatezza estrema, perché coinvolgono direttamente gli aspetti più fondanti e decisivi dell’umano, le sue aspirazioni più profonde: il bisogno di amare e di essere amati, il desiderio di vedere riconosciuta la propria identità e la propria capacità di intessere relazioni profonde». Secondo i coniugi Sereni, «una legge per regolare le convivenze omosessuali probabilmente andava fatta, ma ogni legge deve essere fatta bene, perché riguarda tutti gli individui, tutta la società e quello che essa vuole essere. Avremmo perciò preferito che si tornasse a discutere, a confrontarsi senza pregiudizi e senza secondi fini, per trovare una soluzione legislativa che davvero potesse interpretare il sentire profondo degli italiani arrivando a un punto alto di sintesi». La scelta di porre la fiducia «ha invece azzerato la possibilità che si sviluppasse un confronto serio».

De Palo (Forum famiglie), legge è «risposta al Paese virtuale». La legge sulle unioni civili «avrebbe richiesto una riflessione approfondita. Provvedimenti come questo, se approvati senza un dibattito e a colpi di fiducia, spaccano il Paese anziché unirlo in un momento in cui ci sarebbe invece bisogno di compattezza e unità», e non sono «una risposta all’Italia reale ma a quella virtuale dei social network». E’ la posizione di Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari. Un conto, puntualizza, «è la rapidità e la concretezza; altro è una forzatura delle dinamiche democratiche come la fiducia, anzi la doppia fiducia su una materia così sensibile». Per De Palo, «questa legge, che si è voluta fare a tutti i costi, in un certo senso distrae dalle vere problematiche e urgenze che sta vivendo il Paese: non facciamo più figli e anziché preoccuparci della crisi demografica approviamo una legge a favore delle unioni tra persone dello stesso sesso. Siamo un Paese totalmente sfiduciato. Gli italiani hanno scelto di non esserci più, questo va a minare anche la solidarietà intergenerazionale, e noi restiamo bloccati per quasi un anno sulle unioni civili» mentre «c’è un Paese reale che chiede riforme concrete per arrivare a fine mese, poter avere più figli, non costringere i suoi giovani a fuggire all’estero, scongiurare l’ipotesi pensioni a rischio». «Questa legge – conclude il presidente del Forum –  dà risposta a quel Paese virtuale che popola le pagine dei giornali e dei social network, ma l’Italia reale non è quella di Facebook, bensì quella che si incontra nei mercati, nella piazze, in parrocchia».