Italia

Zanotti (Fisc) a Senato: chiudere giornali significa tagliare le radici al territorio

L’informazione è «un bene cui tutti i cittadini hanno diritto» e «non può rispondere solo alle logiche di mercato». Pertanto i contributi all’editoria – «sorti per incoraggiare la democrazia informativa e per mettere un sostegno a un mercato pubblicitario sbilanciato verso i maggiori network» – sono «fondamentali» per il pluralismo informativo. Lo ribadisce il presidente della Fisc, Francesco Zanotti, in una lettera scritta ieri alla prima Commissione Affari costituzionali del Senato, a seguito dell’audizione avuta il 5 maggio scorso.

Suggerendo piuttosto di «modificare la denominazione di questi contributi» identificandoli come «Fondo per il pluralismo e la libertà di informazione», Zanotti avverte che «chiudere giornali significa togliere spazio ed espressione a gran parte della gente che in quei giornali si ritrova e si riconosce. Significa impoverire il dibattito culturale, spesso appiattito su slogan urlati e non meditati e condizionato dalle grandi reti. Significa anche tagliare le radici storiche e umane a molta parte del territorio italiano che spesso fa riferimento a ‘fogli’ di provincia che non finiscono nelle rassegne stampa nazionali. ‘Fogli’, come tutta la stampa locale, che ‘ancora tengono’ nel rapporto con i lettori, nonostante la gravissima crisi in atto di tutto il settore».

Il presidente della Fisc ripercorre quindi le «cifre» dei giornali associati alla Federazione: «191 periodici diocesani, per lo più cartacei e quasi tutti anche nella versione on line (1 agenzia, 9 online, 1 quotidiano, 2 bisettimanali, 126 settimanali, 18 quindicinali, 29 mensili, 5 esteri) presenti in circa 170 diocesi, coprendo gran parte del territorio nazionale»; oltre 500 dipendenti «di cui 250 giornalisti» e «migliaia di collaboratori»; «quasi un milione di copie a settimana per 3-4 milioni di lettori stimati». «In questi ultimi anni – aggiunge – stanno sorgendo numerose nuove testate, soprattutto nel Sud del Paese, in territori dove – a volte – non esiste alcuna stampa locale».

L’auspicio è che questa testate ottengano «il riconoscimento di una propria identità, magari come ‘Periodici locali di informazione’, in quanto giornali di informazione generale, diffusi in un determinato territorio».