Lettere in redazione

Cattolici in politica e bipolarismo

Caro Direttore,l’editoriale a firma «tog» («Crisi politica, schieramenti e ruolo dei cattolici» – 3 febbraio 2008.) mi ha fatto pensare perché vedo fotografata, nella precisa analisi in esso contenuta, l’odierna posizione dei cattolici militanti nell’uno e nell’altro polo. Credo che il cattolico si ispiri al Vangelo, a quel codice comportamentale che, pur non suggerendo tecniche precise, dà norme generali anche per la politica, infatti… affamati, assetati, senza tetto, carcerati, malati, perseguitati, non dovrebbero esserne l’oggetto primo? E non è questo l’invito evangelico per la costruzione di una società più giusta?

Ma i cattolici aggregandosi all’uno o all’altro schieramento (più precisamente alle ammucchiate elettorali), lo vediamo con chiarezza, devono rinunciare o modificare il loro patrimonio culturale (parlo di cultura che fonda la vita), rendendosi disponibili, o addirittura succubi, di scelte che contrastano con i loro valori. Di conseguenza perdono parte della loro identità. È proprio l’unica via? Non sarà il caso di cambiare rotta e di appoggiare chi pensa a qualcosa di nuovo? A un «centro» dove si possa dar vita ad un percorso nel quale l’ispirazione cristiana possa esprimere i valori che le sono propri?

Franco MosseriLucca

Il giudizio che lei dà, caro Mosseri, sui cattolici «aggregati all’uno o all’altro schieramento» che troppo spesso in questi anni hanno dovuto «rinunciare o modificare il loro patrimonio culturale» è in gran parte giusto. L’editoriale stesso, a cui lei fa riferimento, riconosceva che «non è riuscita, o almeno non è riuscita del tutto, la mediazione etico-politica a cui erano chiamati sia all’interno dal centro-sinistra che del centro-destra».

A mio parere, però, la responsabilità non può essere attribuita tutta alle singole persone. Il fatto è che in questo bipolarismo all’italiana, che si è caratterizzato almeno finora per la sua eterogeneità, i cattolici – presenza minoritaria in ambedue gli schieramenti – hanno avuto possibilità limitate, perché è stato difficile trovare accordi con i cattolici diversamente collocati, anche se non sono mancate significative convergenze (penso allo stop sui Dico).

Ora comunque – all’inizio della campagna elettorale – sarebbe auspicabile che quanti hanno scelto o sceglieranno di impegnarsi nell’ambito delle due coalizioni si impegnassero con gli elettori a non perdere la loro identità, a dare per quanto possibile concretezza legislativa ai loro valori di riferimento e a non fare mai dell’appartenenza politica un assoluto. Vi sono però dei cattolici che non si riconoscono in nessuno degli attuali schieramenti e rifiutano l’ultimatum o di qua o di là. È quindi del tutto legittimo che cerchino una rappresentanza politica diversa, che si collochi al centro. Certo dovrebbe trattarsi di un movimento politico di chiara ispirazione cristiana nelle idee e nei comportamenti, senza peraltro pretendere di avere investiture cattoliche, e soprattutto rappresentato da persone credibili.

A queste aspettative sembra venire incontro la nuova formazione «Una rosa per l’Italia» a cui hanno dato vita tra gli altri Pezzotta, Tabacci, Monticone, con l’intenzione di presentare proprie liste già alle prossime elezioni. Anche questa – come altre – è un’iniziativa da guardare con attenzione, soprattutto perché può modificare l’attuale bipolarismo che – ormai lo riconoscono tutti – ha mostrato tutti i suoi limiti.