Lettere in redazione

Come fermare gli sbarchi di clandestini

La crescente instabilità politico ed economica di tanti Paesi dell’Africa è la causa principale dell’aumento degli sbarchi clandestini dalla coste africane. Difatti la povertà crescente e la mancanza di prospettive spingono migliaia di persone a fuggire dalle proprie terre d’origine per rifarsi una vita altrove.

Di fatto i clandestini provenienti dall’Africa arrivano in Italia su barconi malandati, ammassati in modo disumano ed in condizioni igieniche proibitive, lasciando le loro case nella speranza di trovare un lavoro ed una vita migliore, ma quasi sempre la realtà è diversa.

Giunti sulle coste italiane sono ospitati in centri di prima accoglienza e poi rimandati nel Paese di provenienza, in quanto privi di ogni permesso di soggiorno e documento: coloro che riescono ad eludere i controlli hanno, comunque, poche possibilità di trovare un lavoro onesto e rischiano di andare ad infoltire la schiera dei disperati che vivono di piccoli espedienti nelle grandi città. Molto spesso questi migranti clandestini, dopo essere stati costretti a pagare grosse somme di denaro alla criminalità organizzata per poter compiere il viaggio, senza alcun documento e senza alcuna prospettiva di lavoro, diventano anch’essi dei criminali.

L’incentivo agli sbarchi è inoltre determinato dalla cronica assenza dell’Europa, che considera il tema dell’immigrazione clandestina più un problema italiano che un’emergenza europea.Però sarà difficile risolvere il problema dell’immigrazione fino a quando questo argomento verrà trattato solamente come una questione di ordine pubblico o di accoglienza dato che i crescenti flussi migratori si possono gestire con fermezza, lungimiranza e risorse economiche e non con un generalizzato solidarismo o un semplice pugno di ferro. È, dunque, compito dello Stato mettere fine al giro degli affari illegali collegati all’immigrazione clandestina che ogni anno garantisce alle organizzazioni criminali un fatturato di milioni di euro. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di aumentare i controlli ed il pattugliamento in mare in accordo con gli altri Paesi interessati al fenomeno; in ogni caso è indispensabile sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul problema e fare in modo di eliminare le cause dell’immigrazione clandestina. M. P.indirizzo email L’Italia, che per posizione geografica e per tradizione storica è una specie di «ponte» lanciato dall’Europa verso le coste dell’Africa, si troverà a fronteggiare gli arrivi di immigrati fintanto che quell’area, tutta intera, non avrà raggiunto un sufficiente livello economico, una certa stabilità politica e il sostanziale rispetto dei diritti umani. Inutile farsi illusioni. Aiutare quei popoli a raggiungere questi obiettivi è pertanto strategico, ma nessuno ha la bacchetta magica e può pensare di risolvere dall’esterno e per di più nel giro di qualche mese tutti i loro problemi.Bisogna perciò attrezzarsi per colpire chi specula sugli immigrati e nello stesso tempo esser pronti ad accogliere dignitosamente chi arriva nel nostro Paese (e spesso dalle frontiere al Nord, anche se non fa notizia come gli sbarchi a Lampedusa), senza ovviamente promettere un posto di lavoro e un tetto a ciascuno, perché non riusciamo a garantirlo neanche a chi nasce in Italia.

La decisione della Camera (a grande maggioranza, 332 favorevoli e 124 contrari) di depenalizzare il reato di clandestinità è un piccolo passo in avanti. Gli effetti di quella norma, voluta come forte deterrente all’immigrazione clandestina, finivano per essere controproducenti, intasando i tribunali di lunghe procedure per poi arrivare – se andava bene – a comminare dopo mesi sanzioni che non venivano neanche pagate.

Come ha ricordato ad «Avvenire» il procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, «la depenalizzazione comporterà una deflazione del carico giudiziario per tutti gli uffici, in particolare per quelli di Agrigento, intasati da migliaia di procedimenti (nel 2013 ne avevano aperti 16 mila, ndr). Avrà l’effetto di ridurre le spese e consentirà di fare una migliore lotta agli scafisti, perché il migrante potrà essere sentito come semplice testimone e sarà portato a dire con maggiore serenità quello che sa».

Claudio Turrini