Lettere in redazione

Diagnosi preimpianto e principi morali

Caro Direttore,forse chi ha alle spalle genitori, fratelli e figli morti di tumore può sentire, oltre al diritto, il dovere di preoccuparsi di salvaguardare le generazioni future, assumendosi la responsabilità di suggerire di procreare – cioè di collaborare con Dio alla procreazione – utilizzando la scienza in funzione di una pienezza di vita le cui dimensioni ed i cui limiti non possono essere definiti in maniera assoluta e preconcetta. Dico «forse….può» e non «certamente….deve» per chiedere un parere al teologo padre Maurizio Faggioni che sembra suggerire con Pio XII la scelta di non procreare.

La psiche umana è complessa e talvolta i misticismi religiosi, di qualsiasi religione, inducono ad un masochismo sterile, fine a se stesso, forse contro la vita. Si può discutere all’infinito su quanto sia vita – cioè corpo più mente più anima – un embrione, ma probabilmente non arriveremmo mai ad una verità assoluta e condivisa; e la morale, di qualsiasi ispirazione, non è statica e si esprime in comportamenti che mutano con i tempi, con l’ambiente, con la cultura, con gli sviluppi scientifici. Tutti sappiamo che in nome di principi morali si uccide, si fanno guerre, si imprigionano le persone (Oscar Wilde fu tenuto due anni in prigione in nome di un principio morale). Come la magistratura, di qualsiasi legislazione, così la morale, di qualsiasi connotazione, non è sinonimo di verità e di giustizia.

Chi in qualunque modo ha il compito di guidare, illuminare, governare e legiferare, deve preoccuparsi soprattutto di generare luce, cioè sapienza e libertà da ignoranza, superstizione e servilismo, che sono tenebra.

Mi permetto di suggerire che alla scelta da fare in situazioni come quelle affrontate sull’argomento «Diagnosi preimpianto» non può essere data una risposta univoca ed autoritaria. La verità e la giustizia, in questa scelta come in tante altre, forse non la possiede una «morale cattolica» predefinita, ma va cercata nel profondo delle coscienze delle persone, che tutti dobbiamo rispettare.

Luigi CaselliFirenze

Quello della bioetica è il grosso nodo che l’umanità si trova oggi ad affrontare. Come dopo il 6 agosto 1945, quando esplose la prima bomba atomica, l’umanità scoprì di essere sul «crinale apocalittico» – o la pace tra le grandi nazioni o la distruzione del pianeta –, oggi dobbiamo prendere consapevolezza che la scienza ci offre le possibilità per manipolare la vita umana in ogni suo istante. In un futuro che è già alle porte, chi avrà accesso a certe tecniche genetiche potrà vivere in salute molto più a lungo, potrà selezionare i figli in base alle proprie aspirazioni o a considerazioni di tipo eugenetico, sganciando completamente la procreazione dall’amore coniugale. Affrontare questo tema è la scommessa che abbiamo davanti tutti, dalla Chiesa alla cultura, alla politica. È vero, come ha riconosciuto Benedetto XVI in quel magistrale discorso (Il discorso all’università La Sapienza) che aveva preparato per l’incontro all’università La Sapienza, che «varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono. Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell’umanesimo cresciuto sulla base della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un’istanza per la ragione pubblica». «Il pericolo del mondo occidentale – proseguiva il Papa –  è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo». Per questo la Chiesa fa bene a ricordare con forza – opportune et importune – certi principi, come quello della sacralità della vita umana dal concepimento fino alla morte, che devono guidarci nelle decisioni concrete.