Lettere in redazione

Ho conosciuto Andreotti e lo rispetto

Abbonato da anni a «Toscana Oggi» da Roma, leggo sempre con piacere le lettere con le risposte alle lettere. Dopo il n. 21 (leggi qui e qui) però, ho voluto scrivere anch’io in relazione a quanto pubblicato circa il sen. Andreotti. Da romano, over ’70 ho conosciuto fin da giovane il Senatore che ho seguito, rispettato e lodato leggendo anche i suoi libri: «Visti da vicino» (l’intera serie), «A ogni morte di Papa», «Governare con la crisi», etc., che segnalo perché ritengo scritti con la semplicità dell’arguto fucino, dell’emozionato politico che, certamente, con oltre cinque decenni vissuti al centro della politica italiana ha fatto crescere la Nazione dalla povertà, autarchica ereditata dalla guerra, fino ai fasti del settimo posto fra le nazioni del mondo. Per questo certo come lei che «chi non fa non sbaglia» mi dissocio dal giudizio di nessuna lode reso da Simone Puggelli, come mi sono vergognato per i fischi di quei tifosi romanisti nel giorno del decesso, dimenticando quanto fece Giulio Andreotti per la sua, la nostra squadra «Roma».Grazie per l’attenzione; sempre «ad maiora» per il settimanale (il primo fra i cattolici in Italia). Bruno LutiRoma

Grazie a lei per i complimenti al settimanale (che fanno sempre piacere). Quanto al giudizio su Giulio Andreotti ribadisco quanto abbiamo già scritto su questa pagina. È uno dei grandi «padri» della nostra Repubblica e come tale va considerato anche quando lo si critica per le sue scelte politiche. Poi sarà la storia a giudicarlo. Quanto alle vicende giudiziarie che lo hanno riguardato (conclusesi tutte con assoluzioni) sono molto complesse e inviterei tutti alla massima cautela. Per la legge italiana è stato assolto anche dalle accuse più infamanti, come l’aver comandato l’omicidio Pecorelli. Ma è anche vero che il processo di Palermo per «concorso esterno in associazione mafiosa» ha lasciato delle ombre inquietanti sul periodo precedente al 1980: per quegli anni i fatti addebitati ad Andreotti («concreta collaborazione» con esponenti di spicco di «Cosa Nostra») sono stati semplicemente «prescritti». Su internet è facile rintracciare le sentenze. La rimando a quella della II sezione penale della Corte di Cassazione del 15 ottobre 2004 che ha rigettato il ricorso del pubblico ministero contro l’assoluzione del 2 maggio 2003 (Corte d’Appello di Palermo). Leggendola ci si rende conto della complessità della vicenda, dell’inconsistenza delle accuse lanciate contro Andreotti dai vari «pentiti» (manovrati da chi?), ma anche di amicizie e sodalizi (come con Lima e i cugini Salvo) oggettivamente sbagliati e pericolosi.

Claudio Turrini