Lettere in redazione

Lo tsunami e la Madonna di Medjugorie

Le catechesi di P. LivioCaro Direttore,ho appena letto la >lettera di don Mariano Landini pubblicata su Toscanaoggi del 16 gennaio 2005 e sento il dovere urgente di smentire nel modo più assoluto quanto da lui affermato «di aver sentito un confratello che usa come pulpito – spesso a sproposito – una radio cattolica molto seguita, specialmente da gente semplice ed anziana, che il maremoto nel sud est asiatico l’avrebbe mandato la Madonna di Medjugorie come monito contro il turismo sessuale che imperversa in quelle zone».

Io che ascolto con attenzione e interesse Radio Maria, posso riportare alcune considerazioni che ha fatto Padre Livio che riguardano il maremoto, riascoltando una cassetta che avevo registrata. Tra le varie considerazioni che fa egli afferma che la morte non è un male assoluto, perché a differenza dei pesci abbiamo un’anima immortale. Dio ci ha creati per il cielo. Molti di quei cadaveri Dio li ha accolti fra le sue braccia. La morte è l’ingresso nell’eternità. «Ma la guerra e i terremoti non sono segni dell’Apocalisse da leggere alla luce della fede?!».

È vero che Padre Livio si domanda perché , almeno all’inizio, nessuno ha detto che in quei posti si stava consumando un turismo sessuale che rovina la vita di migliaia di bambini e bambine. Ma non è corretto far credere che Padre Livio abbia detto che è stata la Madonna di Medjugorie a mandare il maremoto! Ha semplicemente detto che in quella tragedia ci vede un ammonimento del cielo. Del resto, non dice Gesù che se non vi convertirete, perirete tutti?

Non posso qui entrare nel merito del fenomeno «Medjugorie». Bisogna riconoscere che Padre Livio è uno studioso dei Messaggi della Regina della Pace e di tutte le apparizioni mariane degli ultimi due secoli. Senza conoscere e meditare questi messaggi, non si comprende la fase tribolata in cui è entrata l’umanità. Ogni meditazione e considerazione di Padre Livio, si rifanno sempre e comunque alla Bibbia e al Vangelo e al Catechismo della Chiesa Cattolica. Meditare i messaggi della Madonna di Medjugorie non è altro che uno spezzare la Parola di Dio in modo chiaro, corretto e senza sconti. Ma se le apparizioni e i messaggi della Madonna danno fastidio e irritano i ben pensanti, chi ne parla è da screditare prima e perseguitare poi? Anna SollazzoSesto Fiorentino (Fi) Pensieri perversi su DioCaro Direttore,che dolore aver sentito dire che il maremoto del Sud est asiatico lo avrebbe mandato la Madonna come monito contro il turismo sessuale. Dolore per la bestemmia che si possa pensare che Dio e la Madonna possano volere duecentomila vittime innocenti, distruzioni, fame, bambini senza più famiglia… per lanciare un monito all’umanità? Come possono nascere pensieri così perversi di un Dio che gioca a birilli con gli esseri umani?

Il vero interrogativo che dovremmo porci è un altro. Spesso preghiamo per la nostra salute, perché le cose della vita ci vadano bene (qualcuno, addirittura, per vincere al lotto) e avanziamo perfino rimostranze se non siamo ascoltati. Con quanta alterigia, con quanta presunzione. Di fronte ai disastri, che non sono certo mandati da Dio ma fanno parte della natura e della drammaticità e fragilità della condizione umana non possiamo che riflettere sulla precarietà dell’esistenza e stringerci attorno ai superstiti in un grande abbraccio di solidarietà.

Il 5 gennaio a Phuket migliaia di cristiani, musulmani e buddisti si sono riuniti per ricordare le vittime del maremoto ed hanno celebrato insieme la cerimonia della luce, un rituale buddista nel quale si ricordano le persone scomparse accendendo una candela. In pochi minuti lo stadio di Phuket brillava di migliaia di piccole luci. Intanto all’estremo nord del pianeta, in Svezia, alle finestre erano accese candeline, secondo la tradizione scandinava, per ricordare le vittime dello Tsunami. Un piccolo gesto ma ricco di significati perché ci fa guardare ad un futuro in cui la società globalizzata non porterà solo emarginazione ma un comune sentire di tutti i popoli.

Un futuro difficile da costruire ma dobbiamo provarci perché è l’unica possibilità di salvezza per la civiltà di fronte agli immani problemi del presente. Perché se ci fossero state condizioni tecnologiche pari a quelle che nei Paesi ricchi si sprecano spesso per usi futili, il bilancio delle vittime avrebbe potuto essere ben diverso. Perciò, se proprio cerchiamo dei responsabili facciamo un esame di coscienza.Gabriele ParentiVanola VettoriFirenze Dov’era Dio? E noi?Caro Direttore,riflettendo sulla tragedia dei Paesi del sud est asiatico, ci chiediamo dove’era Dio, pensando soprattutto ai bambini. Chiediamoci, invece: Chi si occupa dei bimbi del Camerun che muoiono di Hiv? Chi dei bambini soldato? Chi parla più dei bambini morti in Russia? Tutti bambini innocenti ma figli di altri. Solo quando le tragedie toccano anche noi ci ribelliamo? Dov’era Dio? Dio non ci manda punizioni, anzi, ci ha lasciato la libertà di percorrere la nostra strada.

Come impieghiamo la nostra libertà? Quello di terribile (guerre, stupri, ecc.) che succede nel mondo è opera dell’uomo, quello che viene dalla Natura no ma anche qui l’uomo è responsabile: perché non si fanno opere anche nei Paesi più poveri che prevedono i cataclismi avvisando le popolazione di mettersi in salvo? Sappiamo tutti che ciò è possibile (in altri paesi ricchi); questi mezzi esistono però si preferisce impiegare soldi per la guerra e per lo sfruttamento dei Paesi poveri per tornaconto personale e di potenza mondiale. Quindi, come possiamo dire «dov’era Dio»? Ma noi dove siamo? Noi viviamo sempre di più sulla pelle degli altri.

Dobbiamo vedere questa catastrofe come una lezione, smettere di fare guerre (a cominciare dalle famiglie), vedere Gesù povero, abbandonato, malato, in ogni essere umano, in ogni Paese del mondo, in ogni religione. Solo così saremo «liberi» perché libertà è responsabilità, partecipazione, è l’essere in pace con noi stessi e col mondo. Non è facile ma perché non ci aiutiamo a vicenda?.Anna Maria ValentiAmbra (Arezzo) Un’onda di misericordiaCaro Direttore,l’onda immensa che ha travolto il sud-est asiatico, ha coinvolto nella stessa tragedia uomini di tutte le nazioni del mondo. Un male senza misura. L’uomo che si credeva tanto potente da riuscire a dominare la natura e le sue regole, piegandola ai suoi scopi, scopre improvvisamente tutto il proprio limite: siamo soltanto uomini, fragili e impotenti. Ne è nato un sussulto di consapevolezza e di partecipazione. Siamo niente, si ripete in giro. Non possiamo dominare la natura, dicono in tanti. Dobbiamo aiutarci da ogni parte, dicono tutti. Si sono incrociate le proposte di abolire i botti di capodanno, di devolvere ai soccorsi i proventi di questa o quella iniziativa; l’anima viene scavata da un pensare nuovo, il cuore ritrova la mossa di una condivisione non formale.

La globalizzazione, già deprecata e demonizzata nelle piazze, diventa improvvisamente strumento di comunicazione, di condivisione, di partecipazione.

Come mai era accaduto in tempi recenti, il mondo si muove unito per una grande opera di bene. L’onda di dolore si riversa in un’onda ancora più grande: quella della misericordia di Dio verso tutti e quella della solidarietà degli uomini. A un male epocale fa riscontro un bene altrettanto universale, come ai tempi del diluvio. Ora c’è bisogno di persone consapevoli e responsabili per aiutare a non disperdere questo inaudito patrimonio di bene e metterlo a disposizione di un’umanità ferita.

Questo fatto costringe noi cristiani a dare ragione della speranza che è in noi, così da potere sostenere la speranza degli uomini che non sanno spiegarsi il mistero del male nel mondo, e per questo vivono nella disperazione o nella distrazione ottusa. Il Bambino che ci è stato donato, il Figlio di Dio, è la sola possibilità che ci viene donata affinché il male non resti vincitore. Il dolore di questi giorni potrà non rimanere senza senso diventando partecipazione alla croce di Cristo per la redenzione del mondo. Ancora una volta, il grido di Paolo, che il messaggio del Papa per la pace ha reso attuale, risuona come un programma: Vinci il male con il bene.Don Angelo BusettoChioggia Queste lettere – che si aggiungono a >quelle pubblicate sul n. 3 del 16 gennaio 2005 – fanno riferimento ad una riflessione di Padre Livio (andata in onda su Radio Maria) sul dramma che ha colpito le popolazioni del sud est asiatico. Questi nostri lettori esprimono giudizi contrastanti, su cui non posso esprimermi non avendo ascoltato quel commento.Il fatto è che questa tragedia continua ad interpellarci. La scienza risponde, certo, a molti interrogativi, ma ce ne sono altri più profondi che attengono al perché del dolore, alla sua origine, al suo significato. Al di là delle molte parole, che rischiano di essere fuorvianti, il cristiano – che in questa riflessione, che spesso lo mette alla prova, può trovare guida sicura nella lettera apostolica del Papa «Salvifici doloris» – sa che «il dolore nelle sue varie forme resta pur sempre un mistero che l’uomo non è in grado di penetrare fino in fondo» e che proprio per questo le risposte facili, quelle degli amici di Giobbe, non esistono e che affermare che quel che è accaduto è una punizione di Dio in un rapporto diretto tra colpa e sventure varie, che tra l’altro non spiegherebbe il tanto dolore innocente, schiaccia i sofferenti e vela il volto misericordioso del nostro Dio.Bisogna dirlo con chiarezza, qualunque sia il pulpito da cui affermazioni simili siano venute o possano venire. Certi avvenimenti però sono pur sempre un monito e un motivo di riflessione perché scalzano le nostre sicurezze, ci ricordano i limiti propri dell’uomo e ci spingono a rivedere i nostri stili di vita, spesso sfacciatamente lontani dal Vangelo. E ci invitano anche a non far mancare a quei popoli – ora che sul loro dramma i riflettori si stanno spengendo – quella concreta solidarietà di cui hanno ancora bisogno e a cogliere e far crescere in luoghi segnati da guerre civili e da fondamentalismi i semi di fratellanza che dopo il maremoto sono emersi.

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