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63 MORTI NEL MEDITERRANEO: CDE, VUOTO DI RESPONSABILITÀ TRA ITALIA, LIBIA E NATO

Il Consiglio d’Europa accusa l’Italia di non aver fatto nulla, il 25 marzo 2011, per salvare la vita di 63 migranti in un‘imbarcazione alla deriva che proveniva dalla Libia. “L‘Italia, come primo Stato ad aver ricevuto la chiamata di aiuto e sapendo che la Libia non poteva ottemperare ai propri obblighi – si legge nel rapporto conclusivo sull’inchiesta, approvato oggi dal Comitato per l’immigrazione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa -, avrebbe dovuto assumere la responsabilità del coordinamento delle operazioni di soccorso”. L’episodio, di cui più volte anche il Sir ha riferito, risale al 25 marzo dell‘anno scorso, quando i passeggeri del barcone in avaria telefonarono a padre Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Habeshia, che subito fece scattare l’allerta. Don Zerai chiamò la Guardia Costiera, che da parte sua, individuò il gommone in acque libiche, a 60-70 miglia dalla costa, e lanciò l´allarme, chiedendo alle navi in transito di riferire ogni avvistamento, come prevede la legge del mare. I migranti però rimasero in mare per alcuni giorni senza soccorso. Solo un elicottero militare della Nato lanciò bottiglie d’acqua e biscotti proteici, come raccontato dai 9 sopravvissuti. Gli altri 63 – tra cui donne e bambini – sono morti per fame, sete o annegamento. La mancata risposta ai Sos e un “vuoto di responsabilità” sono alcuni degli errori che hanno portato il 25 marzo 2011 alla morte nel Mediterraneo di 63 persone in fuga dal conflitto in Libia nel corso di un tragico viaggio di 15 giorni. Ciò che è più grave, è che questi esseri umani, tra cui donne e bambini, sono stati abbandonati al loro destino dopo essere stati avvistati e localizzati dai mezzi militari. Lo afferma la senatrice Tineke Strik, socialista olandese, nel suo rapporto adottato oggi a Bruxelles dalla Commissione per l’emigrazione, i rifugiati e gli sfollati dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Secondo la senatrice Strik, la responsabilità di questa tragedia è imputabile alla marina italiana incaricata delle operazioni di ricerca e salvataggio, alla Nato, ai Paesi le cui navi transitavano quel giorno nello specchio di mare in cui si trovavano i naufraghi, alle autorità libiche e ai trafficanti senza scrupoli che fanno la spola tra le coste del Nord Africa e la Sicilia. L’imbarcazione, che aveva lasciato Tripoli con 72 persone a bordo una settimana dopo l’inizio dei bombardamenti internazionali, si è arenata su una spiaggia libica 15 giorni dopo con solo nove persone vive a bordo, “malgrado siano state lanciate richieste di aiuto con le coordinate esatte della loro posizione alle navi che battevano la zona”, si legge nel report.La Nato “non ha risposto ai Sos in una zona militare sotto il suo controllo”, prosegue il rapporto, mentre “la fregata spagnola Méndez Núñez, sotto il comando Nato, si trovava ad appena 11 miglia. La nave della marina militare italiana Borsini si trovava a 37 miglia. Entrambe le navi sono dotate di elicotteri”. La Commissione Apce ritiene “attendibili” le testimonianze dei nove sopravvissuti che hanno dichiarato che un elicottero militare li ha avvistati e buttato loro qualche bottiglia d’acqua e dei biscotti assicurando che sarebbe tornato, senza però farlo. Secondo il racconto dei sopravvissuti, al decimo giorno di traversata – quando la metà dei passeggeri era già morta – si è avvicinata una grande nave da guerra ma, avvistato il relitto, si è allontanata senza soccorrere i naufraghi”. “Si sono perdute molte occasioni per salvare la vita delle persone a bordo del battello”, sostiene la Commissione chiedendo alla Nato di condurre un‘inchiesta per appurare l‘accaduto e fornire risposte esaurienti alle domande in sospeso. Dalla Commissione anche l’invito al Parlamento europeo a richiedere ulteriori informazioni, “comprese le immagini satellitari”, e ai parlamenti nazionali coinvolti a “svolgere indagini”. Occorre inoltre “una revisione dei regolamenti marittimi per riempire il vuoto di responsabilità” e “far fronte alla controversia tra Italia e Malta”. Il rapporto sarà discusso alla sessione plenaria Apce di aprile, probabilmente il 24. (Sir)