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CRISI USA-IRAQ: VATICANO, LA PACE È LOTTA ATTIVA E NON COMPROMESSO

La pace non è “passiva acquiescenza al male” o “compromesso”, ma “un’azione creativa e coraggiosa” che “richiede una lotta attiva contro l’odio, l’oppressione e la divisione”, senza utilizzare però “metodi violenti”. E’ quanto si legge nella Dichiarazione finale dei partecipanti al Simposio su “Le risorse spirituali delle religioni per la pace”, promosso a Roma nel gennaio scorso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Nel documento – diffuso oggi dalla sala stampa della Santa Sede – si fanno precisi riferimenti alla crisi internazionale e ai “recenti mesi”, in cui “si sono intensificati i discorsi di guerra, ma non vi è stato un eguale incremento di discorsi di pace”. “L’opzione per la pace – si legge, infatti, nel testo – non significa una passiva acquiescenza al male o un compromesso di principio. Richiede una lotta attiva contro l’odio, l’oppressione e la divisione, ma non l’utilizzo di metodi violenti. La costruzione della pace richiede un’azione creativa e coraggiosa. L’impegno per la pace è un lavoro paziente e perseverante. Comprende anche la prontezza ad esaminare in maniera autocritica le relazioni delle nostre tradizioni con quelle strutture sociali economiche e politiche che sono frequentemente agenti di violenza e di ingiustizia”. “Mentre i conflitti separano i vicini e le nazioni, e la minaccia della guerra incombe su di noi come un’ombra – è, inoltre, la denuncia del dicastero pontificio -, molte persone cercano di utilizzare la religione come una forza di divisione e violenza, piuttosto che una forza di unità e di pace”. Perfino i testi sacri “sono spesso stati utilizzati, e continuano ad esserlo, per giustificare violenza, guerra e esclusione degli altri”, e le stesse comunità religiose “non possono ignorare quei passaggi che spesso sono stati male interpretati o manipolati per fini indegni come il potere, la ricchezza o la vendetta”. Di qui la necessità di dedicare degli sforzi per esaminare come, “in un mondo che è sempre più interconnesso, possiamo trovare nuove vie per rispettare le nostre differenze religiose”, anche attraverso “una conoscenza più approfondita delle nostre varie scritture”. Tutto ciò, aggiunge il dicastero pontificio, partendo dalla consapevolezza che “la cooperazione interreligiosa non è più un’opzione ma una necessità”, e che “essere religiosi oggi vuol dire essere interreligiosi”. Sir Ecco il testo italiano della dichiarazioneMentre i conflitti separano i vicini e le nazioni, e la minaccia della guerra incombe su di noi come un’ombra, molte persone cercano di utilizzare la religione come una forza di divisione e violenza, piuttosto che una forza di unità e pace.

Dal 16 al 18 gennaio 2003 a Roma, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha organizzato un simposio su Le risorse spirituali delle religioni per la pace. In questo simposio, 38 partecipanti provenienti da 15 diversi paesi, si sono dedicati ad esplorare le ricche risorse delle religioni (buddismo, cristianesimo, induismo, islam, giainismo, ebraismo, sikhismo e zoroastrianesimo) per la pace. Questo incontro è stato il seguito dell’Assemblea interreligiosa che si tenne in Vaticano dal 25 al 28 ottobre 1999, della Giornata di Preghiera per la Pace del 24 gennaio 2002 ad Assisi e del Forum per la pace che l’ha preceduta.

Nei recenti mesi si sono intensificati i discorsi di guerra, ma non vi è stato un uguale incremento di discorsi di pace. E’ necessario dedicare degli sforzi per esaminare come, in un mondo che è sempre più interconnesso, possiamo trovare nuove vie per rispettare le nostre differenze religiose mentre creiamo legami pacifici basati sulla nostra comune umanità.

Le nostre scritture e tradizioni sono le risorse spirituali più importanti che ciascuno di noi possiede. Siamo convinti che le scritture di ciascuna religione insegnino il cammino della pace, ma riconosciamo anche che i nostri vari scritti sacri sono spesso stati utilizzati, e continuano ad esserlo, per giustificare violenza, guerra e esclusione degli altri. Le nostre varie comunità non possono ignorare quei passaggi che spesso sono stati male interpretati o manipolati per fini indegni come il potere, la ricchezza o la vendetta, ma dobbiamo riconoscere la necessità di nuovi studi contestuali e di una conoscenza più approfondita delle nostre varie scritture che chiaramente proclamano il messaggio e il valore della pace per tutta l’umanità.

I credenti devono esaminare quei passaggi scritturistici che descrivono le persone di altre religioni in maniera conflittuale con la loro autocomprensione. Ciò richiede uno sforzo rinnovato nell’educare correttamente i nostri stessi aderenti ai valori e alle credenze degli altri.

Tale educazione interreligosa che prende sul serio l’autocomprensione delle altre tradizioni religiose, è essenziale per comunicare il messaggio di pace alle nuove generazioni. La sfida è quella di rimanere fedeli alla propria religione senza denigrare o distorcere quella degli altri.

Le risorse spirituali per la pace includono non solo i nostri fondamenti scritturistici, ma anche l’esempio dei nostri correligionari che, lungo il percorso della storia, hanno insegnato la pace ed hanno agito come operatori di pace. Questi comprendono santi, poeti, martiri che hanno sofferto e spesso dato la propria vita a causa del loro impegno non violento a favore della verità, della giustizia e dell’amicizia, che sono stati i fondamenti del progresso umano. Ne fanno parte innumerevoli persone di ogni religione, i cui nomi non sono ricordati dalla storia, ma che hanno valorosamente agito per prevenire conflitti e guerre, che hanno dato assistenza alle vittime della violenza senza guardare la religione o la nazione, e che hanno lavorato per la giustizia e la riconciliazione come le basi per stabilire la pace. Grazie alle loro azioni, essi hanno dato concreta testimonianza della missione di ciascuna comunità religiosa ad operare per la pace in mezzo alle dure realtà dell’ingiustizia, dell’aggressione, del terrorismo e della guerra.

Le risorse spirituali per la pace comprendono anche gli incontri interreligiosi che hanno aiutato molti a riunirsi insieme per apprendere le credenze religiose degli uni e degli altri, per condividere valori, e per scoprire la possibilità di vivere e lavorare insieme per costruire società di giustizia e di pace. Tali incontri cercano di istillare uno spirito di rispetto reciproco e di genuina conoscenza gli uni degli altri e ci hanno aiutato a vedere le nostre religioni come una forza di bene. Il rispetto reciproco e il rispetto per le differenze non sono semplicemente dei nobili scopi, ma delle realtà raggiungibili.

L’opzione per la pace non significa una passiva acquiescenza al male o un compromesso di principio. Richiede una lotta attiva contro l’odio, l’oppressione e la divisione, ma non l’utilizzo di metodi violenti. La costruzione della pace richiede un’azione creativa e coraggiosa. L’impegno per la pace è un lavoro paziente e perseverante. Comprende anche la prontezza ad esaminare in maniera autocritica le relazioni delle nostre tradizioni con quelle strutture sociali economiche e politiche che sono frequentemente agenti di violenza e di ingiustizia.

Riconosciamo che nel contesto interrelato delle nostre vite contemporanee, la cooperazione interreligiosa non è più un’opzione ma una necessità. Si potrebbe dire che essere religiosi oggi vuol dire essere interreligiosi. La religione prospererà in questo secolo solo nella misura in cui manteniamo un senso di comunità fra persone di diverse credenze religiose che lavorano insieme come una famiglia umana per ottenere un mondo di pace.(fonte: www.vatican.va)