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Card. Filoni oggi a Baghdad: «Cristiani e minoranze a rischio se non si interviene»

“Tutte le autorità ci hanno garantito la loro collaborazione. Bisogna pensare che qui in Iraq oggi ci sono un milione e duecentomila rifugiati, quattrocentomila bambini, persone appartenenti a vari gruppi religiosi ed etnici”. Lo dice, in un’intervista a Radio Vaticana, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e inviato personale del Papa in Iraq.

Oggi si recherà a Baghdad dove consegnerà un messaggio del Papa al presidente iracheno. Il porporato ricorda che poi “c’è tutto il problema della sicurezza e questo coinvolge le autorità per la presenza e la sicurezza stessa di questi luoghi. Poi c’è tutta la questione dei peshmerga che stanno cercando di riprendere e di controllare i territori che precedentemente non erano sotto il loro controllo”. Facendo il giro soprattutto nella parte nord, prosegue il cardinal Filoni, “abbiamo constatato le situazioni precarie che si sono create. Vorrei dire che ci sono delle questioni relative proprio alla certezza da parte di questa gente di poter vivere, anche se in luoghi di rifugio, ma comunque in sicurezza. Da parte nostra, quello che sollecitiamo – ma non noi, quindi io in quanto cardinale, o il patriarca caldeo Sako o i vescovi – lo facciamo a nome di tutta la gente, che ovunque siamo andati ci ha chiesto questo”.

Il cardinale Filoni chiarisce: “Quindi non siamo noi portavoce di qualcosa di nostro, quanto delle voci emerse ovunque siamo andati, tra cattolici, cristiani, yazidi, altre minoranze. Questo vorrei dirlo con chiarezza, perché mi pare opportuno che si comprendano l’esigenza e il desiderio di tutta la gente che abbiamo incontrato”. Non solo: cristiani e le altre minoranze religiose sono a rischio in Iraq se non si fa nulla: “È questo il gravissimo problema!”, osserva il porporato, intervistato da Radio Vaticana, mentre era a Erbil. “La gente qui ha bisogno di essere sostenuta – evidenzia -. Quando abbiamo fatto una grande Messa qui ad Erbil con la chiesa molto piena, ho manifestato da parte del Santo Padre la vicinanza, l’affetto e l’incoraggiamento”. Perciò, aggiunge il cardinale, “non eravamo solo noi di qui, i rifugiati e la comunità cristiana di Erbil, ma ovunque siamo andati abbiamo detto di unirsi spiritualmente a questo nostro atto di culto, e quindi anche se erano dispersi nei vari villaggi, noi li avremmo tenuti presenti in questo momento particolare per dire la Messa in favore dei rifugiati, in sostegno alla loro vita. Quindi, eravamo un po’ una comunità presente, ma anche gli assenti, erano spiritualmente presenti”.