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Corte Ue su velo: Elzir (Ucoii), «Una sentenza di mercato»

«Una sentenza di mercato, non una sentenza di valore. E se l’Europa decide di seguire il mercato, rischia che il rispetto per la libertà dell’essere umano prima o poi verrà cancellato». Così Izzeddin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii), definisce la sentenza emessa oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea secondo la quale non costituisce una discriminazione diretta la norma interna di un’impresa che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso.

La Corte era stata chiamata a pronunciarsi su due casi, avvenuti in Francia e in Belgio, entrambi riguardanti il diritto di indossare il velo islamico sul posto di lavoro. L’imam di Firenze avverte subito che la sentenza deve essere comunque contestualizzata: «La situazione italiana è diversa, ma certamente questo pronunciamento della Corte non aiuta la convivenza pacifica. Si stanno costruendo muri mentali che purtroppo fanno breccia su muri di diffidenza purtroppo già esistenti». E aggiunge: «Stiamo assistendo, sia negli Stati Uniti che in Europa, alla diffusione di un clima di paura e islamofobia dove gli spazi di libertà stanno diminuendo di giorno in giorno e stanno diminuendo in nome di una laicità che anziché favorire l’accoglienza della diversità, incoraggia l’esclusione. Si tratta di una deriva che non giova a nessuno. Limitare gli spazi di libertà ha già condotto diversi Paesi, nel corso della storia, verso il totalitarismo e il pensiero unico».

«Il velo per una donna musulmana – spiega l’imam – fa parte integrante della sua fede religiosa come la sua preghiera e il suo digiuno. Impedirle di portare il foulard è come dire alla donna di non pregare, di non digiunare. Qui è stato violato un principio cardine dell’Europa, quello della libertà personale e della libertà religiosa. 70 anni fa abbiamo combattuto per queste idee, ma stiamo tornando a discriminazioni per fattori religiosi, e tutto ciò nonostante che le nostre Costituzioni le garantiscono».