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Da Siria e Iraq fino al Kenya: la scia di sangue dei nuovi martiri

Nell’ultimo anno si sono avuti episodi di persecuzione contro i cristiani in molte parti del mondo, ma gli attacchi nei loro confronti sono stati particolarmente violenti e massicci da parte delle bande del cosiddetto califfato arabo o di organizzazioni terroristiche più o meno affiliate in Iraq, in Siria, in Nigeria e infine in Kenya.

La persecuzione contro i cristiani in Iraq era già cominciata dopo l’inizio della guerra contro Saddam Hussein. Dal 2003 al 2008 ben quaranta delle 65 chiese di Bagdhad furono distrutte da attentati. Nel 2010 il solo attentato contro la chiesa di Nostra Signora della Salvezza, descritta da Al Qaeda come «un osceno rifugio della idolatria», provocò una cinquantina di morti. La persecuzioni divengono sistematiche soprattutto negli ultimi due anni. Nel giugno dell’anno scorso le truppe dell’Isis conquistano Mosul la seconda città dell’Iraq dopo Bagdhad. Le porte delle case dei cristiani vengono segnate in rosso con una «n» che significa nazareni, cioè cristiani, poi viene tolta loro l’acqua e il cibo, infine vengono messi di fronte al ricatto di convertirsi all’Islam o pagare una tassa. Quasi tutti i cristiani abbandonano Mosul. La città, che contava 130 mila cristiani nel 2003, era già ridotta a 10 mila prima dell’assedio dell’estate scorsa e oggi forse ne accoglie appena duemila.

Nell’estate che segue è la volta dell’attacco ai cristiani caldei della valle di Ninive fra cui si trovano ancora coloro che parlano l’aramaico come Gesù. Nella zona prima dell’arrivo delle truppe dell’Isis c’erano trecentomila cristiani. Più di metà di loro sono fuggiti. In buona parte hanno trovato rifugio nel vicino Kurdistan, in particolare nella città di Erbil dove oggi i curdi, che cento anni fa furono fra i più attivi nello sterminio degli armeni, sono diventati i più vicini protettori dei cristiani. Il vescovo di Erbil Bashat Wardo ha detto a proposito dei cristiani della zona di Ninive: «Più di 125mila cristiani con i soli vestiti addosso sono stati costretti a fuggire di notte. Preghiamo nelle tende dopo avere dovuto abbandonare le nostre chiese». Prima dell’inizio della guerra nel 2003 i cristiani iracheni erano calcolati in un milione e quattrocentomila. Oggi i calcoli più ottimistici li immaginano in quattrocentomila.

In Siria nell’ottobre 2103 è stata conquistata da miliziani di Al-Nusra, oppositori di Assad, ma vicini a Al Qaeda, la città di Sadad, una città in gran parte di popolazione cristiana. Millecinquecento famiglie sono state tenute in ostaggio. I membri di altre duemilacinquecento famiglie sono fuggite con i soli vestiti addosso. I corpi di quarantacinque cristiani uccisi fra cui tre bambini sono stati trovati in una fossa comune. Nello stesso mese nella città di Raqqa, dopo la conquista dei miliziani di Al Nusra e dove a fine luglio era stato rapito padre Paolo Dall’Oglio, sono state bruciate bibbie e libri cristiani davanti alla chiesa dell’Annunciazione e i cristiani sono stati costretti a firmare un contratto di «dhimmi», cioè di cittadini inferiori costretti a pagare una tassa calcolata in tredici grammi di oro.

A marzo e a aprile dell’anno scorso sono strati crocifissi in pubblico a Raqqa tre cristiani accusati di spionaggio. Nel dicembre 2013 tredici suore ortodosse state rapite dal monastero di Santa Tecla della città cristiana di Maloula. Le quaranta suore che rimangono a curare gli orfani che ha lasciato loro la guerra sono state lasciate per giorni senza acqua. La città di Homs dopo il lunghissimo assedio di seicento giorni dell’esercito di Assad è stata ridotta a un cimitero di scheletri di edifici. Nel quartiere cristiano di Hamadya caduto in mano ai miliziani di Al Nusra è stato assassinato il padre olandese Franz van der Lugt. Dei sessantamila cristiani che c’erano nella città di Homs prima dell’assedio praticamente non è rimasto nessuno. La maggior parte di loro è fuggita nel Libano dove alla frontiera spesso il certificato di battesimo serve da passaporto e dove si vive in rifugi con pareti di plastica e pavimenti di fango.

Nel febbraio di quest’anno sono stati rapiti dall’Isis 350 cristiani nel governatorato di Hassake e 51 famiglie cristiane sono state sequestrate a Thel Shamiran. Negli ultimi due anni i cristiani in Siria sono diminuiti da un milione e settecentomila a un milione e trecentomila.

In Nigeria da quasi dieci anni il gruppo terroristico Boko Haram ora vicina all’Isis e che intende introdurre la sharia più rigida nel nord del paese conduce una guerra spietata contro i cristiani e le loro chiese soprattutto in occasione delle feste del Natale e della Pasqua. Nel gennaio 2010 i miliziani di Boko Haram trucidarono almeno duemila persone in sedici villaggi situati lungo il lago Ciad. Nello stesso anno fu presa d’assalto la città di Jos. Molti cristiani furono costretti ad uscire dalle case e poi finiti a colpi di machete. In totale ci furono circa cinquecento vittime. Nel febbraio dell’anno scorso sono prese d’assalto cinque chiese nel nord del paese. Muoiono 56 persone per i colpi sparati e le bombe a mano lanciate dentro le chiese. La notte del 14 aprile dell’anno scorso Boko Haram che significa «l’istruzione occidentale è peccato» rapisce dalla scuola convitto di Chibok duecento ragazze. Fra queste una ragazza cristiana riuscita a fuggire ha raccontato di essere stata costretta a convertirsi. Nei giorni scorsi Road Zeid al Hussein, Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, ha detto che forse le ragazze, dopo essere state costrette a sposare i loro sequestratori, sono state uccise.

Nel gennaio di quest’anno un attentato fa 19 vittime a Maiduguri capitale dello stato del Borno. Nel febbraio di quest’anno sono uccise 2.000 persone e i morti sono lasciati per le strade nella citta di Baga nel nord est del paese e più di cento persone sono massacrate nel villaggio di Izge nello stato del Borno. Il mese scorso una sessantina di persone sono state uccise con attentati kamikaze e assalti armati di nuovo a Maiduguri. Ignatius Kaigama arcivescovo di Jos accusa l’occidente di aver ignorato le stragi.

In Kenya nel luglio 2012 gli estremisti dell’organizzazione Al-Shabaab collegata a Al Qaeda provenienti dalla Somalia assalgono due chiese cristiane di Garissa e uccidono sedici fedeli. Tre giorni prima la recente Pasqua quattro miliziani di Al-Shabaab penetrano all’alba nell’università di Garissa fanno prigionieri trecento studenti, domandano loro chi è cristiano e ne uccidono 147 che si dichiarano tali ognuno con un colpo alla nuca. Le forze della polizia impiegano dodici ora ad arrivare sul posto per contrastare i sequestratori. Uno dei quattro terroristi era figlio di un funzionario del governo del Kenya.

A questi episodi del Medio Oriente e dell’Africa che più hanno colpito i cristiani negli ultimi anni bisognerebbe aggiungere altri episodi che riguardano l’Asia. Per esempio i cristiani minacciati di morte per blasfemia in Pakistan e nello stesso paese, ad esempio, l’assalto della folla ad un quartiere cristiano a Gorja dove furono bruciate vive sei persone fra cui una bambina. Vicino al Pakistan, anche se fuori del mondo islamico, si potrebbero ricordare le migliaia di aggressioni contro i cristiani praticate in India.