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Etchegaray da Saddam. Il Papa: pregate per la pace

Il cardinal Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, è a Baghdad, quale inviato speciale di Papa Giovanni Paolo II, con una lettera personale per Saddam Hussein. E venerdì 14 febbraio sarà ricevuto in Vaticano il vice presidente iracheno Tarek Aziz, mentre nei giorni successivi Giovanni Paolo II incontrerà anche il segretario dell'Onu Kofi Annan. Il Papa è «preoccupatissimo» per la crisi internazionale. All'Angelus di domenica 9 febbraio ha invitato tutti a pregare, con il Rosario «per implorare il grande dono della pace».Un fermo no alla guerra all'Iraq. Il testo del messaggio dei vescovi toscaniL'arcivescovo di Baghdad: La visita di Etchegaray è un segno forte per noiI costi della guerra (di Romanello Cantini)Iraq, parla Warduni, il vescovo ausiliare di BaghdadMartini, la Toscana è con il PapaVai al sondaggio

Il cardinal Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, è a Baghdad, quale inviato speciale di Papa Giovanni Paolo II, con una lettera personale per Saddam Hussein. «La guerra – ha spiegato Etchegaray in un’intervista a Repubblica – sarebbe una catastrofe sotto tutti gli aspetti. Innazitutto avrebbe gravi conseguenze per il popolo iracheno e poi renderebbe sempre più difficili gli sforzi che l’Onu compie per l’unità della famiglia umana. E’ in questo spirito che il Papa porta il suo contributo a chi lavora per la pace. Ed è questo il senso del mio viaggio».Il porporato è accompagnato da monsignor Franco Coppola, Consigliere di nunziatura in servizio presso la Segreteria di Stato. Scopo della missione pontificia – come ha dichiarato il portavoce vaticano Navarro Valls – è dimostrare a tutti la sollecitudine del Santo Padre a favore della pace ed aiutare poi le autorità irachene a fare una seria riflessione sul dovere di una fattiva cooperazione internazionale, basata sulla giustizia e sul diritto internazionale, in vista di assicurare a quelle popolazioni il bene supremo della pace. E venerdì 14 febbraio sarà ricevuto in Vaticano il vice presidente iracheno Tarek Aziz, mentre nei giorni successivi Giovanni Paolo II incontrerà anche il segretario dell’Onu Kofi Annan.

Il Papa è «preoccupatissimo» per la crisi internazionale. All’Angelus di domenica 9 febbraio ha invitato tutti a pregare, con il Rosario «per implorare il grande dono della pace» perché – ha spiegato con le parole della Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, «le difficoltà che l’orizzonte mondiale presenta in questo avvio di nuovo millennio ci inducono a pensare che solo un intervento dall’Alto […] può far sperare in un futuro meno oscuro» (n. 40). Il giorno precedente, ricevendo in udienza la Comunità di Sant’Egidio aveva sottolineato l’urgenza di «annunciare il “Vangelo della pace” ad un’umanità tentata fortemente dall’odio e dalla violenza». «Occorre moltiplicare gli sforzi – aveva aggiunto – . Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo, né davanti alle minacce che si levano all’orizzonte. Non bisogna rassegnarsi, quasi che la guerra sia inevitabile».

Intanto da Baghdad sono giunti segnali incoraggianti dall’incontro dei capi ispettori Onu con il governo iracheno. Ci sono «alcuni sviluppi positivi» e l’Iraq «sta iniziando a prendere la questione del disarmo più seriamente», ha detto Hans Blix, nel corso di una conferenza stampa congiunta a Baghdad con il capo dell’Aiea Mohammed El Baradei. Sui nuovi documenti che gli hanno consegnato le autorità irachene, Blix ha specificato che riguardano l’antrace, i missili e il gas nervino VX. L’ispettore ha rimproverato al regime di Baghdad di non aver dato finora sufficiente importanza alle ripetute denunce degli ispettori sulla mancanza di informazioni relative alle armi chimiche e biologiche. Secondo il capo dell’Aiea Mohammed El Baradei in Iraq si «vedono inizi di cambio di atteggiamento». El Baradei ha detto che ci sono stati buoni progressi sui temi oggetto della missione in Iraq, anche se ha aggiunto che occorre che i progressi siano rapidi. Sul fronte internazionale è da registrare l’iniziativa franco-tedesca, conosciuta come «Progetto Mirage», non ancora formalizzata ufficialmente (verrà presentata al Consiglio di sicurezza dell’Onu il 14 febbraio sotto forma di risoluzione) ma che ha già raccolto il consenso del leader russo Vladimir Putin e del commissario europeo Romano Prodi. «Un disarmo iracheno è possibile», ha detto da Berlino Putin, affermando che Mosca «si pone a fianco della vecchia Europa per cercare una soluzione pacifica». Ma la Casa Bianca ha liquidato questo tentativo di soluzione negoziale come intempestivo e inutile. Intanto la spaccatura tra Usa da una parte e Francia e Germania dall’altra si ripercuote anche in seno alla Nato, dove i veti tedesco, francese e belga hanno bloccato lunedì il piano della Nato per proteggere la Turchia in caso di una guerra contro l’Iraq. Nessuno vuol tirarsi indietro da un eventuale azione di difesa di Ankara, è stato precisato, ma i tre paesi non accettano di dare già per scontata la guerra.

Il progetto MirageIl «Progetto Mirage», come il settimanale Der Spiegel definisce il piano franco-tedesco per il disarmo dell’Iraq senza un intervento armato, si articola sui seguenti punti:

I 150 mila soldati americani già dispiegati nel Golfo dovranno restare sul posto per favorire «l’invasione pacifica» dei caschi blu dell’Onu e fare pressione su Baghdad per cooperare.

Saddam Hussein dovrà accettare l’arrivo di migliaia di soldati delle Nazioni Unite che, per un periodo anche di alcuni anni, controlleranno le operazioni degli ispettori sugli armamenti.

L’Iraq diventerebbe una sorta di «protettorato dell’Onu».

Il numero degli ispettori verrebbe come minimo triplicato dagli attuali cento circa.

Le zone di divieto al sorvolo saranno estese fino a coprire l’intero territorio nazionale.

Aerei da ricognizione francesi (Mirage), tedeschi (Luna) e americani (U-2) sorveglieranno lo spazio aereo sopra l’Iraq.

Sarà istituito un coordinatore permanente delle Nazioni Unite responsabile delle ispezioni sugli armamenti.

Sarà imposta una fitta serie di sanzioni, dirette in particolare a combattere il contrabbando di petrolio con i paesi vicini e a controllare meglio l’export verso i paesi industrializzati.

Sarà istituita una Corte speciale di giustizia delle Nazioni Unite per l’Iraq che controlli le violazioni delle nuove risoluzioni e quelle dei diritti umani da parte del regime di Baghdad.

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