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Gaza: Caritas Jerusalem, 171 morti, 1.200 feriti, 750 case distrutte

Giunta al settimo giorno, l'operazione «Protection Edge» (confine protettivo) lanciata da Israele per fermare il lancio di razzi da parte dei miliziani di Hamas, fa segnare un nuovo tragico bilancio. Secondo Caritas Jerusalem, alle ore 9 di oggi, 14 luglio, i morti sarebbero 171, 1.200 i feriti, 230 dei quali bambini e 270 donne.

Le case distrutte o gravemente danneggiate dai bombardamenti sono 750, 4.500 gli sfollati e 400mila le persone prive di energia elettrica. A queste cifre devono aggiungersi circa 17mila gazawi residente nella zona nord della Striscia che hanno abbandonato le loro abitazioni dopo essere stati avvisati da Israele di una possibile offensiva di terra e di prossimi bombardamenti. Tutti hanno trovato rifugio presso le sedi delle Nazioni Unite. La Caritas Jerusalem, attraverso sei comitati locali sparsi nella Striscia, lamenta «mancanza di carburante e di generi di prima necessità e denuncia distruzioni di case di civili con l’area di Al-Mawasi sotto bombardamento». Particolarmente gravi sono «le condizioni dei bambini traumatizzati dalle bombe, dalla morte di loro parenti e dalla distruzione delle loro case. Oltre 1500 di questi piccoli hanno bisogno di supporto psicologico specialistico».

Altro pericolo che grava sui più piccoli sono gli ordigni inesplosi. Molti, infatti, sono soliti recuperare oggetti familiari tra le macerie delle loro case colpite esponendoli a possibili esplosioni. Emergenza umanitaria confermata al Sir anche dallo staff dell’Unrwa, l’agenzia Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi, che opera a Gaza. «Attualmente – fanno sapere dall’Unrwa – abbiamo oltre 10mila persone che si sono rifugiate presso le nostre strutture dopo che l’esercito israeliano le aveva invitate a lasciare le proprie abitazioni, in vista di scontri a fuoco e bombardamenti. Stiamo cercando di aiutarli offrendo riparo generi alimentari, kit per l’igiene personali e coperte. Nessuno di loro sa se e quando potrà rientrare a casa e soprattutto cosa troverà una volta tornato. Gli israeliani hanno come bersaglio anche i civili, case, moschee». «Il 50% della popolazione di Gaza – spiegano – è composta da persone di meno di 18 anni. Soffrono di traumi psicologici, sono stressati dalla guerra, dal vivere in una condizione di violenza. Per loro il dramma continuerà anche dopo la fine del conflitto, se mai ci sarà la fine. Dobbiamo essere pragmatici e ammettere, infatti, che non vediamo luce in fondo al tunnel».