Mondo

Gaza-Iraele, nessuno sciupi la tregua

Alle 20 (in Italia) di ieri sera, è arrivata dal Cairo la notizia di un cessate-il-fuoco, al termine di una giornata che aveva registrato anche il ritorno del terrorismo a Tel Aviv. Sulla crisi a Gaza, Daniele Rocchi, del Sir, ha sentito l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Zion Evrony.

«Seguo con grave preoccupazione l’aggravarsi della violenza tra gli israeliani e i palestinesi della Striscia di Gaza». Lo ha detto Benedetto XVI, dopo la catechesi nell’udienza del mercoledì, pregando per le vittime e per coloro che soffrono. Dal Papa anche il ricordo che «l’odio e la violenza non sono la soluzione dei problemi» e l’incoraggiamento delle iniziative e degli sforzi «di quanti stanno cercando di ottenere una tregua e di promuovere il negoziato». «Esorto anche – ha concluso il Pontefice – le Autorità di entrambe le parti ad adottare decisioni coraggiose in favore della pace e a porre fine a un conflitto con ripercussioni negative in tutta la Regione medio-orientale, travagliata da troppi scontri e bisognosa di pace e di riconciliazione». L’appello di Benedetto XVI è giunto, tra l’altro, nel giorno in cui un attentato a Tel Aviv, il primo nella città dal 2006, ha provocato decine di feriti tra i civili. Gesto terroristico che, fortunatamente, non ha bloccato gli sforzi diplomatici per giungere a una tregua. Alle 21 (ora locale), le 20 in Italia, di ieri sera, è arrivata dal Cairo la notizia di un cessate-il-fuoco. Sulla crisi a Gaza, Daniele Rocchi, del Sir, ha sentito l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Zion Evrony.

Ieri sera è stato raggiunto da Israele e Hamas un “cessate-il-fuoco”, un accordo, mediato dall’Egitto, che ha ricevuto l’appoggio anche del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Una buona notizia dopo otto giorni di conflitto…

“Sono grato che si sia stato raggiunto un cessate-il-fuoco. Spero vivamente che duri a lungo. Abbiamo deciso di dare alla proposta egiziana di tregua una possibilità, offrendo quindi un’opportunità per calmare e stabilizzare la situazione. Desideriamo uno stop lungo e duraturo del lancio dei missili. Le condizioni di vita delle popolazioni israeliane, specie al Sud, sono diventate insostenibili a causa dei razzi lanciati dalla Striscia, e questo nonostante le difese messe in campo come le postazioni antiaeree. Israele, lo ribadisco, preferisce una soluzione diplomatica a questa crisi. In altri casi faremo il possibile per fermare i missili. La responsabilità della sofferenza attuale di israeliani e palestinesi è di Hamas che lancia i suoi razzi contro Israele oramai da undici anni”.

Ma ieri è stato anche il giorno in cui un attentato terroristico ha colpito Tel Aviv dopo diversi anni. Torna il terrore nel cuore d’Israele?

“Sono stati colpiti dei civili innocenti. L’attacco rappresenta una grave violazione ai basilari principi di moralità e colpisce, nello stesso tempo, tutti gli sforzi prodotti per arrivare ad un cessate-il-fuoco. I terroristi hanno scelto l’escalation di violenza contro civili israeliani. La mia preoccupazione è che questo vada a complicare gli sforzi internazionali in vista di trovare una soluzione civile. Da parte nostra il ricorso ai canali diplomatici è preferibile. Se ciò non fosse possibile, Israele farà qualsiasi cosa necessaria per difendere i propri cittadini. Vorrei, tuttavia, chiarire un punto a questo riguardo: il popolo palestinese non è nostro nemico. Hamas, la Jihad islamica e altre organizzazioni terroristiche lo sono. La differenza fra noi e Hamas è che noi facciamo il possibile per evitare di colpire i civili. Sono decine di migliaia le telefonate ai residenti di Gaza per allertarli, e centinaia di migliaia i volantini lanciati dai nostri aerei sulla Striscia, per dire loro di allontanarsi dalle postazioni e strutture di Hamas che usa zone residenziali per tenere i suoi missili. È molto importante che si capisca questo. L’unico scopo delle nostre operazioni è quello di porre fine alle sofferenze della popolazione israeliana che vive nelle città del Sud, e ora anche più su, a Tel Aviv, e persino a Gerusalemme, la Città Santa. Il basilare diritto all’autodifesa appartiene a ogni governo democratico”.

La stampa e i media, tuttavia, puntano l’indice contro Israele e il suo “sproporzionato” uso della forza ha provocato decine di morti e feriti tra i civili della Striscia. Le immagini a riguardo non lasciano dubbi. Cosa ne pensa?

“Israele è dispiaciuto molto per la perdita di vite civili durante le operazioni, ma la responsabilità è di Hamas che usa i residenti di Gaza come scudi umani. Da parte nostra cerchiamo di fare il massimo per evitare danni alla popolazione civile, non abbiamo i civili come bersagli. Hamas invece colpisce deliberatamente solo i civili, la popolazione civile che abita nelle città israeliane sottoposte da lungo tempo al lancio di razzi e missili, come Askelon, Beersheva, Sderot e ora Gerusalemme e Tel Aviv. Come ripeto, facciamo il massimo per evitare danni ma sfortunatamente a causa delle circostanze, di Hamas e delle operazioni militari, a volte colpiscono civili che non sono coinvolti, non è né nostra intenzione né tantomeno nostra responsabilità, ma di Hamas. Continueremo ad allertare la popolazione di Gaza a stare lontano dalle postazioni di Hamas, e a fornirle acqua ed elettricità e così via”.

Nel suo appello di ieri Benedetto XVI invita le parti a negoziare e a prendere decisioni coraggiose. È ancora possibile una trattativa per negoziare la pace?

“Abbiamo molto apprezzato le parole del Sommo Pontefice. I nostri leader sono pronti a decisioni coraggiose. La soluzione finale alla crisi israelo-palestinese è quella di due Stati che vivono uno accanto all’altro in pace, quello d’Israele e quello di Palestina. Aspettiamo che i leader dell’Autorità palestinese si siedano con noi attorno a un tavolo per negoziare e vedere come raggiungere questa soluzione, senza porre nessuna precondizione. Purtroppo stanno rifiutando questa proposta e hanno scelto di rivolgersi alle Nazioni Unite, cercando così altre strade, per raggiungere il loro scopo di avere uno Stato. Credo sia un errore. Il nostro premier Netanyahu è pronto a decisioni coraggiose come abbiamo dimostrato anche in passato con altri nostri governanti. Per ottenere la pace siamo pronti a fare i sacrifici necessari”.

Difficile, tuttavia, per i palestinesi negoziare con Israele senza porre, come precondizione, la questione dell’occupazione militare, delle colonie e degli insediamenti in Cisgiordania…

“Quando si parla di precondizioni intendo dire che nessuna parte può dettare condizioni all’altra. Mettiamoci intorno a un tavolo e discutiamo, noi e l’Autorità palestinese, non Hamas che non riconosce a Israele il diritto di esistere. Tutte le questioni saranno oggetto di negoziato, il futuro delle colonie, l’acqua, la sicurezza. Ogni parte giunga al tavolo negoziale per esporre le proprie richieste e ragioni in vista di una soluzione finale. Il negoziato richiede che le due parti siano pronte a un compromesso, per una soluzione concordata. I palestinesi rifiutano di venire al tavolo ponendo prima delle condizioni. Noi diciamo, incontriamoci. Ci sono tra noi e loro profonde divergenze sul tappeto ma l’unico modo per superarle è incontrarsi e negoziare”.

Quanto sta accadendo può mettere a repentaglio i pellegrinaggi in Terra Santa per il prossimo Natale? Dati del ministero del Turismo del suo Paese sembrano scongiurare questo rischio, ma se la tensione dovesse restare alta cosa prevede?

“Ai pellegrini dico di venire in Israele a visitare i luoghi santi senza problemi. Non ci sono ragioni che chiedono di cambiare programmi. Israele è sicuro, la crisi a Gaza si chiuderà presto e prima del tempo. In ogni caso non vedo la necessità di cancellare viaggi verso in Israele”.