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Gerusalemme: p. Faltas, «Mai visto tanta rabbia. Non smettere di pregare e sperare per la pace»

«Sono in Terra Santa da 30 anni e non ho mai visto cose del genere, mai tanta rabbia da parte dei palestinesi. Si muore a Gaza, scontri sono in corso a Jenin, Ramallah, Hebron, Betlemme e in altre città della Cisgiordania. Il bilancio delle vittime si aggiorna in continuazione. E domani si teme sarà peggio». A parlare al telefono al Sir, da Gerusalemme, è padre Ibrahim Faltas, direttore delle scuole francescane nella Città santa e responsabile per la Custodia di Terra Santa dei rapporti con Israele e palestinesi.

Il francescano conosce bene la situazione sul terreno: durante la cosiddetta seconda Intifada fu coinvolto nell’assedio della Natività di Betlemme (dal 2 aprile al 10 maggio 2002) e protagonista nelle trattative per trovare un accordo con i 240 militanti palestinesi che si erano rifugiati nella basilica per sfuggire alla cattura da parte dell’esercito israeliano. Accordo che arrivò dopo 39 giorni di assedio. «Da allora le cose sono peggiorate e il processo di pace sembra essersi arrestato» racconta mentre ascolta le «breaking news», le ultime notizie sulle proteste dei palestinesi, sugli scontri in corso a Gaza e in Cisgiordania. Tutto questo mentre la figlia del presidente Trump, Ivanka, togliendo il velo allo stemma, inaugurava l’ambasciata americana a Gerusalemme.

«La decisione del presidente Trump di trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemme non solo ha scatenato il risentimento palestinese ma ha anche spaccato la società israeliana. Qui in città ci sono israeliani che esultano ed altri che contestano», afferma padre Ibrahim confermando la notizia di proteste di circa 200 attivisti israeliani e palestinesi proprio davanti la sede diplomatica. Mai come oggi, sottolinea il religioso, «credo sia necessario ricordare la parole di Giovanni Paolo II, quando disse che ‘Se non ci sarà pace a Gerusalemme, sarà impossibile la pace in tutto il mondo’. Gerusalemme è una città unica. Essa deve essere una città per tutti e di tutti». «Il bilancio dei morti a Gaza adesso parla di 41 vittime e 1.800 feriti, ma molti sono gravi. Un numero destinato a salire, purtroppo. Stiamo vivendo una giornata orribile e domani i palestinesi celebreranno la Nakba, la catastrofe, che per loro è la nascita di Israele. Si teme che possa accadere di peggio. Da parte nostra – conclude il francescano – continuiamo a pregare per la pace e a sperare. Come francescani siamo in Terra Santa da 800 anni e non abbiamo mai perso la speranza e sarà così anche in futuro. Pregare e sperare restando anche accanto alla gente che soffre, che vuole il dialogo e la pace. Sono giorni duri e difficili ma preghiamo perché ne vengano di belli e ricchi di pace».