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Guatemala: eruzione vulcano. Caritas, «si temono addirittura tremila persone rimaste sotto le ceneri»

Il bilancio è per ora di 69 morti, ma l'area devastata dall'eruzione del Volcàn de Fuego, in Guatemala, ha circa 2 milioni di abitanti e non è stata ancora raggiunta dai soccorsi. Alcune fonti ipotizzano migliaia di morti. L'impegno della Caritas guatemalteca.

I soccorsi non sono ancora riusciti ad arrivare nelle zone più popolate, si teme una vera e propria ecatombe in Guatemala, dove l’eruzione del Volcán de Fuego ha coinvolto quasi due milioni di persone e lo scenario peggiore prevede che si possa arrivare a tremila vittime (attualmente i morti accertati sono però 69). Lo dice al Sir, raggiunto nella serata di ieri (nella notte italiana) Mario Arévalo, segretario esecutivo della Caritas guatemalteca. «Erano 44 anni che il Volcán de Fuego non causava danni seri. Ieri (l’altroieri per chi legge, ndr) ha intensificato la sua eruzione causando una strage. L’entità dei danni non è quantificabile in questo momento. Ci sono tantissime persone disperse e, avendo le autorità stabilito tre cordoni di sicurezza, non è possibile per noi arrivare alle zone che erano più popolate. Attualmente il dato provvisorio è di circa 70 vittime, ma alcuni esperti temono che ci siano addirittura tremila persone rimaste sotto le ceneri». Ancora non determinabile il numero delle persone rimaste senza un tetto.

Prosegue Arévalo: «Come Caritas del Guatemala, in coordinamento con le Caritas diocesane, stiamo operando per raccogliere alimenti e sistemare le persone in alberghi e centri di accoglienza. Le persone coinvolte sono un milione e 700mila, numero che potrebbe aumentare. Ci sono gravissimi danni anche a infrastrutture pubbliche, soprattutto strade e ponti, per cui le comunicazioni sono molto difficili». «Purtroppo a livello governativo manca una struttura per gestire le emergenze e il rischio è quello di che nessuno pensi alle persone colpite dalla catastrofe. Perciò, come Caritas dobbiamo pensare sia all’emergenza immediata, sia guardare a medio termine. Per questo – conclude Arévalo – faccio un appello anche alle Caritas europee e a tutte le persone di buona volontà».