Mondo

Israele: scuole cristiane in piazza contro discriminazioni operate dal governo

In 600 tra docenti, alunni, genitori e autorità ecclesiastiche, in rappresentanza delle 47 scuole cristiane attive in Israele, sono scesi in piazza questa mattina a Gerusalemme, per protestare davanti alla sede del Ministero dell’Educazione «contro la politica discriminatoria del Governo israeliano nei confronti delle scuole cristiane del paese».

A riferirlo al Sir è padre Abdel Masih Fahim, direttore dell’Ufficio delle Scuole cristiane. «È stata una manifestazione senza precedenti – spiega il direttore – in cui abbiamo esposto pubblicamente le nostre richieste. Nonostante non siamo stati ricevuti da nessun esponente del Ministero, abbiamo voluto mettere in evidenza le discriminazioni cui sono soggette le nostre scuole. Discriminazioni che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza dei nostri istituti, alcuni già attivi prima della costituzione dello Stato di Israele e frequentati da 30 mila studenti arabo-israeliani».

A preoccupare padre Fahim è «la volontà del Governo di ridurre ulteriormente il sussidio che viene erogato alle cosiddette scuole ‘riconosciute ma non pubbliche’, come sono le nostre. Noi percepiamo già adesso solo tra il 60-70% del sussidio dato agli altri istituti. E si prospettano altre riduzioni. Da anni, infatti, il Ministero dell’Educazione tenta di ridurre il budget delle scuole cristiane (negli ultimi dieci anni il 45%)».

«Questo – aggiunge il direttore – provocherebbe l’aumento del costo a carico delle famiglie. I genitori del settore arabo, come è noto, hanno un reddito medio familiare sotto la media nazionale. Insegniamo per servire e non per guadagnare. Per questo abbiamo chiesto che ci venga erogato il sussidio come a tutti». Altra richiesta riguarda il sistema educativo differente. «In alcune scuole – afferma il direttore – viene applicato un sistema molto efficiente e utile sia agli alunni che al docente. Purtroppo a noi viene negata questa possibilità. Eppure parliamo di studenti che hanno la stessa carta di identità israeliana, ma non gli stessi diritti». Terza richiesta «è legata ai diritti dei nostri docenti che non sono gli stessi dei loro colleghi delle scuole pubbliche. Chiediamo che vengano rispettati allo stesso modo».

 

Se la situazione non cambierà molte scuole, avverte padre Fahim, «saranno a rischio e con loro quel grande patrimonio di istruzione e formazione che si portano dietro. La maggior parte delle scuole cristiane erano già attive prima della nascita dello Stato di Israele (1948). Esse sono state edificate e si sono sviluppate grazie a donazioni provenienti dall’estero. Hanno conferito, e continuano a farlo, alla comunità araba una educazione di qualità come dimostrato dai buoni risultati ottenuti. Questa educazione di qualità è del resto dimostrata dal numero delle scuole cristiane valutate tra le migliori dallo stesso Ministero dell’Educazione». «Bisogna fare pressione sul Governo israeliano – conclude il direttore – perché ciò non accada. In casi analoghi relativi ad altre scuole, religiose, non cristiane, i fondi sono stati trovati in poco tempo».