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LIBIA: DON ZERAI, «CONDIZIONI PROFUGHI PEGGIORATE. CENTINAIA A RISCHIO ESPULSIONE»

«Sto ricevendo telefonate drammatiche dalla Libia. Migliaia di profughi rinchiusi nei 21 centri di detenzione sono oggetto di vessazioni e torture. Centinaia di loro sono a rischio espulsione nei Paesi di origine, nonostante lì rischino la vita. Le loro condizioni, in questa nuova Libia, sono peggiorate». Lo denuncia oggi al Sir don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente dell’agenzia Habeshia che da tempo denuncia le violazioni dei diritti umani sui profughi che tentano di arrivare in Europa passando per il deserto del Sinai o dalla Libia. «I flussi stanno aumentando – afferma -, anche perché molti scappano dai campi profughi in Sudan dove vengono rapiti dai predoni del Sinai per chiedere il riscatto alle famiglie». Secondo don Zerai i centri di detenzione dei profughi nella Libia post-Gheddafi sono «almeno due in più, ma le condizioni non sono cambiate. Spesso agli operatori sociali viene vietato l’ingresso. Questa politica è anche frutto della pressione europea ed italiana per bloccare gli arrivi di immigrati dalla Libia. Il governo italiano, con l’ultimo accordo firmato, sta anche finanziando alcuni centri di detenzione».

In queste ore, denuncia don Zerai, «i militari libici stanno costringendo centinaia di profughi a registrarsi presso le ambasciate dei Paesi di origine, per poi espellerli». Il sacerdote ricorda che «questo atto grave accompagnato da violenza fisica è contro ogni diritto internazionale umanitario», perché viola il principio di «non refoulement» dei profughi nei Paesi da cui fuggono perché rischiano la vita. «La Libia sta violando la convenzione dell’Unione africana che tutela i diritti dei profughi e richiedenti asilo politico, firmata da precedente regime. L’attuale governo sta deportando donne e uomini in condizione degradanti. Nelle settimane scorse sono stati uccisi quattro profughi, tre eritrei e un somalo. Ci sono anche vessazioni delle forze dell’ordine sulle donne perché cristiane». Don Zerai descrive nel dettaglio la situazione nei centri di Tuewshia e Bengasi. Qui, in particolare, sono detenute circa 400 persone.

«Il centro di Bengasi in teoria è gestito dalla Luna Rossa, la croce rossa musulmana – spiega – ma di fatto comandano gli uomini armati della rivoluzione al punto di permettersi di entrare, abusare sessualmente delle donne, portarsi via 140 uomini per farli lavorare come schiavi. A Bengasi neanche i minorenni vengono risparmiati da percosse e tortura: i militari si divertono a fare tiro a segno sui ragazzini». «Da una Libia ‘democratica’ – osserva don Zerai – ci aspettavamo maggiore rispetto dei diritti umani e una seria lotta contro il razzismo nei confronti degli africani. Perché tutto questo accanimento? Perché tanta violenza e massacri?». Il sacerdote conclude con un appello a tutte le organizzazioni umanitarie, in particolare alle agenzie delle Nazioni Unite perché facciano «ogni sforzo possibile per ottenere il rispetto dei diritti dei rifugiati» e «la liberazione dalle carceri, per essere accolti in un campo profughi gestito dall‘Unhcr». (Sir)