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Libia: qaedisti in azione. ora i cristiani fuggono da Bengasi

«Le sparatorie sono continue, anche intorno al centro della città, e c'è poca libertà di movimento, soprattutto per i cristiani». Padre Amado Baranquel, francescano, parla da Bengasi, dove i fedeli «hanno persino paura di andare in Chiesa, perché temono di essere rapiti».

Di recente un lavoratore filippino è stato prelevato, riferisce il religioso, «dall’auto dell’azienda per cui lavorava, perché era l’unico cristiano, e poi decapitato». Per ragioni di sicurezza anche le congregazioni religiose femminili hanno dovuto abbandonare la città: le suore di carità dell’Immacolata concezione d’Ivrea, e quelle indiane della Santa Croce sono state fatte rientrare a Roma via Tunisi.

«Due sorelle – riferiscono dalla casa generalizia delle suore d’Ivrea – sono rientrate venerdì a bordo di un aereo militare, le altre sei sabato, con un volo di linea». Sono tutte «in salute» anche se spaventate». I timori dei cristiani derivano dalla presenza di brigate islamiche – «d’ispirazione qaedista», sostiene p. Baranquel – osteggiate, però, dalla maggioranza della popolazione. La «speranza di un cambiamento» potrebbe arrivare dalla formazione di un nuovo governo dopo le elezioni parlamentari del 25 giugno: secondo i risultati diffusi la scorsa settimana, i candidati laici avrebbero prevalso su quelli vicini alle forze islamiche.