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Minori: Unicef, 535 milioni di bambini vivono in zone colpite da conflitti o disastri. Quasi 1 bambino su 4

Secondo l’Unicef circa 535 milioni di bambini – quasi 1 su 4 – vivono in Paesi colpiti da conflitti o disastri, spesso senza accesso a cure mediche, istruzione d qualità, nutrizione e protezione adeguate; di questi: i tre quarti – 393 milioni- vivono in Africa Sub Sahariana, il 12% in Medio Oriente e Nord Africa.

Circa 50 milioni di bambini sono stati sradicati – più della metà di loro ha dovuto lasciare la propria casa a causa di conflitti. I nuovi dati sono stati lanciati oggi in occasione del 70° anniversario della fondazione dell’Unicef (che ricorre domenica 11 dicembre). Numeri che rivelano situazioni tragiche: nel Nord est della Nigeria, circa 1,8 milioni di persone sono sfollate, almeno 1 milione di queste sono bambini. In Afghanistan, quasi la metà dei bambini in età scolare non va a scuola. In Yemen, circa 10 milioni di bambini sono colpiti dal conflitto. In Sud Sudan, il 59% dei bambini in età da scuola primaria non vanno a scuola; 1 scuola su 3 nelle aree di conflitto è chiusa.

A due mesi dall’Uragano Matthew, che ha colpito Haiti, oltre 90.000 bambini sotto i 5 anni hanno ancora bisogno di assistenza. Mentre continuano ad intensificarsi le violenze in Siria, il numero dei bambini che vivono sotto assedio è raddoppiato in meno di un anno. Circa 500.000 bambini adesso vivono in 16 aree sotto assedio in tutto il Paese, tagliati quasi completamente fuori dall’assistenza umanitaria e dai servizi di base. «Le emergenze che oggi affrontano i bambini più vulnerabili – affermano dall’Unicef – minacciano di vanificare i grandi progressi fatti nelle ultime decadi: dal 1990, il numero di bambini che morivano prima del loro quinto compleanno è stato dimezzato e centinaia di milioni di bambini sono stati tirati fuori dal ciclo della povertà. Il tasso di bambini in età da scuola primaria, fuori dalle scuole, è stato ridotto di oltre il 40% tra il 1990 e il 2014».

Nonostante i significativi progressi, «troppi bambini – denuncia l’organizzazione – vengono lasciati indietro a causa del loro genere, razza, religione, appartenenza a gruppi etnici o disabilità, perché vivono in condizioni di povertà o in comunità difficili da raggiungere o semplicemente perché sono bambini».