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Muro Cremisan: p. Hijazin (Beit Jala), «azione contro passato e futuro dei palestinesi»

I lavori di costruzione del Muro di separazione israeliano sono ripresi a sud di Gerusalemme. I bulldozer sono entrati in azione lunedì scorso a Beir Ona, nella valle di Cremisan, dove la popolazione non nasconde la rabbia. A riferirlo oggi è il Patriarcato latino di Gerusalemme. 

«I bulldozer sono arrivati questo lunedì, alle 9 del mattino, nessuno si era preso la briga di avvertire gli abitanti», deplora padre Aktham Hijazin, parroco di Beit Jala. Gli operai e i loro bulldozer hanno sradicato una cinquantina di olivi tra i più antichi della valle – alcuni di ben 1500 anni – sotto la protezione dell’esercito israeliano». Molti residenti, secondo il Patriarcato, sono andati a manifestare il loro malcontento con gli operai e i soldati presenti, i toni si sono accesi, due giovani palestinesi sono rimasti leggermente feriti. «Si tratta di un’azione contro il passato e il futuro dei residenti. Un’operazione contro la giustizia, contro la nostra presenza qui, contro la nostra storia e il nostro futuro», si rammarica padre Hijazin. Questi olivi sono lì da secoli e fanno parte della vita di queste famiglie. Confiscare queste terre è confiscare il passato di queste famiglie e il futuro delle generazioni a venire».

Ma è soprattutto la presenza cristiana su queste terre, già ridotta al lumicino, che si vede minacciata, si legge nel sito del Patriarcato. «Sono molti quelli che, negli ultimi anni, hanno scelto la via dell’emigrazione per assenza di prospettive, altre famiglie stanno pensando di andarsene», rivela il parroco di Beit Jala. «Gli abitanti di Beir Ona e di Cremisan sono arrabbiati – dice ancora padre Hijazin -. Gli israeliani dicono loro ‘noi sradichiamo i vostri olivi, ma possiamo ripiantarli altrove’. Ma le famiglie non vogliono nemmeno sentirne parlare! Queste sono le loro terre!». Un’operazione «che non serve la causa della pace». La preghiera resta l’ultima risorsa delle famiglie di Cremisan. Ogni giorno, alle 8.30, sarà celebrata la Messa sotto una piccola tenda istallata all’ombra degli ulivi della valle. «Noi preghiamo e speriamo che la Chiesa e la comunità internazionale facciano qualcosa per proteggere la presenza cristiana di qui», conclude padre Hijazin.

Monsignor William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme, dal canto suo, si dice «stupito per la testardaggine di Israele». «Questa ostinazione a volere impadronirsi di terre altrui, non aiuta per nulla la causa della pace», afferma. Il contenzioso giudiziario sulla valle di Cremisan oppone da dieci anni le autorità israeliane agli abitanti di quest’area, le cui terre e proprietà sono minacciate dalla costruzione del muro di separazione. Lo scorso maggio, la Corte Suprema israeliana aveva dato ragione alle famiglie della valle, prima di ritrattare all’inizio di luglio.