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Prete sgozzato in Iraq: mons. Nona (Mosul), «Notizia priva di fondamento»

La notizia della morte di un sacerdote, Boulos Yakoub, che sarebbe stato rapito dall'Is a Mosul nel luglio scorso, e sgozzato nei giorni scorsi «è destituita di ogni fondamento. Non esiste, infatti, nessun sacerdote cattolico, siro-ortodosso o di altre Chiese cristiane con questo nome». A dichiararlo al Sir è l'arcivescovo di Mosul, monsignor Emil Shimoun Nona.

Attualmente a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, dove sono sfollate decine di migliaia di famiglie da Mosul, dopo la conquista da parte dello Stato islamico, mons. Nona denuncia con forza «le precarie condizioni di vita di questa povera gente che non ha più nulla. Come Chiesa e con l’aiuto delle Caritas stiamo cercando di alleviare le loro condizioni. Oggi possiamo dire che la maggior parte non vive più nelle tende ma ha trovato riparo in container, in case in affitto, in scuole e strutture messe a disposizione dalle istituzioni locali. Tuttavia lo sforzo fatto non basta e non bisogna abbandonare questa gente al suo destino». «Situazione complicata anche a Baghdad – dichiara al Sir il vescovo ausiliare della capitale irachena, monsignor Shlemon Warduni – dove le voci di un’avanzata dello Stato islamico si diffondono salvo poi essere smentite. Questi fanatici miliziani del Califfato vantano molti aiuti altrimenti non avrebbero tutta questa forza. Basterebbe fermare il commercio di armi per indebolirli. Ma la comunità internazionale è disposta a questo?».

A preoccupare è anche «il terrorismo interno alla capitale, ci sono autobombe sempre pronte a scoppiare e a fare vittime». Secondo stime Onu le violenze in Iraq – nel solo mese di gennaio 2015 – hanno causato la morte di almeno 1.375 persone, di cui 790 civili e 585 membri della sicurezza irachena. I feriti sono stati 2.240 anche in questo caso in prevalenza civili. Ma c’è un altro fatto a preoccupare mons. Warduni: il prossimo Sinodo della Chiesa caldea, il 7 febbraio, che avrà tra i vari punti all’ordine del giorno la ribellione di alcuni sacerdoti e monaci, e di un vescovo, Sarhad Jammo, titolare dell’eparchia di San Pietro dei Caldei, a San Diego (California), nei confronti di una delle decisioni prese nel Sinodo del 2013 e successivamente disattese. Il rischio di una spaccatura nella Chiesa caldea è reale: «Il diavolo è entrato in Iraq e nella nostra Chiesa. Se ciò accadesse, sarebbe davvero una grande sciagura. Invece di riunirci e lavorare insieme per il bene dei nostri fedeli che sono sparsi nel mondo siamo gli uni contro gli altri. Preghiamo perché ciò non accada».