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Santa Sede: mons. Camilleri a Osce, tutelare libertà religiosa

Ripensare «il diritto alla libertà di religione» che non può essere «esclusa dalla vita sociale», altrimenti si può «generare quel tipo di discriminazione che oggi colpisce anche cristiani di diverse confessioni, riscontrabile nel numero crescente di azioni e omissioni che portano a violenza, esclusione e intolleranza». A chiederlo è monsignor Antoine Camilleri, capo della delegazione della Santa Sede alla sessione dell’Assemblea parlamentare dell’Osce in corso oggi a Helsinki nel 40° dell’Helsinki Final Act, firmato dai leader di Urss, Usa e paesi d’Europa negli anni della guerra fredda.

Nel richiamare la «strategia di pace» obiettivo del Final Act, mons. Camilleri ha sottolineato che oggi «molti Stati parte violano la fiducia reciproca, gli obblighi assunti, il rispetto per la sovranità individuale e le libertà personali». Di qui il richiamo al diritto alla libertà di religione, che il VII Principio del Final Act «pone come fondamento di ogni altro diritto umano» e che, secondo il diplomatico vaticano, «richiede un riesame nel contesto nazionale e internazionale, di fronte ad una cultura che sembra considerare la fede e la dimensione religiosa come superflue, limitandole ad atti di culto o rituali consentiti dalle autorità civili, limitando in tal modo la loro presenza nella sfera pubblica».

Il processo di Helsinki, avverte mons. Camilleri, «ci insegna che il diritto di cercare Dio e trovare così nella fede religiosa ispirazione per la condotta morale, è una libertà che appartiene al tempo stesso agli individui e alle comunità di credenti. Questa libertà non può essere emarginata o esclusa dalla vita sociale». I credenti, inoltre, «possono essere una risorsa positiva per la vita delle nostre società, in quanto offrono una coscienza retta, che può guidare e garantire il pluralismo, i valori democratici, la coesione sociale, la moralità pubblica e una giustizia efficace». «L‘opposto – il monito dell’esponente vaticano – può generare quel tipo di discriminazione che oggi colpisce anche cristiani di diverse confessioni, riscontrabile nel numero crescente di azioni e omissioni che portano a violenza, esclusione e intolleranza». Questo «non riguarda solo le libertà individuali, ma anche le attività di strutture e istituzioni che forniscono servizi sociali e contribuiscono alla vita culturale delle nazioni». La lotta contro l‘intolleranza e la discriminazione contro i credenti, conclude Camilleri, «richiede l‘eliminazione delle leggi e dei regolamenti che limitano la capacità dei gruppi religiosi di organizzarsi, capacità sancita nel Final Act. Queste leggi non solo interferiscono con gli aspetti organizzativi, ma impediscono ai credenti di agire in modo coerente con la propria visione morale».