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Siria: Trappiste Damasco, «tacciano le armi e taccia anche tanto giornalismo di parte»

Tacciano le armi e taccia anche «tanto giornalismo di parte»: a chiederlo sono le monache cistercensi della Stretta Osservanza (Trappiste) in Siria, che appartengono al monastero italiano di Valserena. 

In una lettera diffusa in questi giorni, le religiose – parlando delle operazioni militari per la liberazione del Ghouta e dei giudizi espressi a riguardo nei giorni scorsi dai religiosi di Damasco e da tutti i religiosi siriani – si dicono «davvero stanche, nauseate da questa indignazione generale che si leva a bacchetta per condannare chi difende la propria vita e la propria terra». «Perché – si legge nella lettera – nessuno si è indignato, perché non sono stati lanciati appelli umanitari» a favore di chi, a Damasco, è rimasto sotto le bombe lanciate dal Ghouta dai ribelli? Tanti sono bambini che hanno «paura di uscire di casa e andare a scuola», che hanno «il terrore di dover vedere ancora i loro compagni di classe saltare per aria, o saltare loro stessi, bambini che non riescono a dormire la notte, per la paura che un missile arrivi sul loro tetto».

«Non sono anche questi bambini degni della nostra attenzione?» chiedono le religiose. «Certo, anche quando l’esercito siriano bombarda ci sono donne, bambini, civili, feriti o morti. E anche per loro preghiamo. Non solo i civili: preghiamo anche per i jihadisti, perché ogni uomo che sceglie il male è un figlio perduto, è un mistero nascosto nel cuore di Dio. Ed è a Dio che si deve lasciare il giudizio, Lui che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva». «Perché questa cecità dell’Occidente? Come è possibile che chi informa, anche in ambito ecclesiale, sia così unilaterale?» si chiedono ancora le religiose che denunciano «tante parole per far passare in fondo una sola tesi, e cioè che tutte le Chiese di Oriente sono solo serve del potere…per convenienza… Qualche bella frase ad effetto, tipo la riverenza di vescovi e cristiani verso il Satrapo Siriano… Un modo per delegittimare qualunque appello della Chiesa siriana che faccia intravedere l’altro lato della medaglia, quella di cui non si parla. Qualcuno ricorda forse l’intervista o un intervento di un Vescovo siriano su qualche giornale importante dell’Occidente? Si può non essere d’accordo, evidentemente, ma una vera informazione suppone differenti punti di vista».

Del resto, prosegue la lettera, «chi parla di una interessata riverenza della Chiesa siriana verso il presidente Assad come di una difesa degli interessi miopi dei cristiani, dimostra di non conoscere la Siria, perché in questa terra cristiani e musulmani vivono insieme. È stata solo questa guerra a ferire in molte parti la convivenza, ma nelle zone messe in sicurezza dall’esercito (a differenza di quelle controllate dagli ‘altrì) si vive ancora insieme. Con profonde ferite da ricucire, oggi purtroppo anche con molta fatica a perdonare, ma comunque insieme. E il bene è il bene per tutti: ne sono testimonianza le tante opere di carità, soccorso, sviluppo gestite da cristiani e musulmani insieme». E questo lo sa, termina la lettera, «chi qui ci vive, pur in mezzo a tante contraddizioni, non chi scrive da dietro una scrivania, con tanti stereotipi di opposizione tra cristiani e musulmani».