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Soldato ucciso a Londra: moschee attaccate. «Rischio di antagonismi»

«Ho sentito questa mattina che delle moschee sono state attaccate dopo l’uccisione del soldato di ieri sera. Il modo in cui i media hanno raccontato il terribile omicidio ha scatenato una rabbia e un antagonismo che non sempre sono appropriati in queste circostanze». A parlare è Jon Dal Din, diacono nella parrocchia di st. Vincent de Paul, nell’arcidiocesi di Southwark, dove si trova il quartiere londinese di Woolwich, teatro dell’attacco.

Jon Dal Din è anche direttore dell’agenzia per il dialogo interreligioso dell’arcidiocesi di Westminster, sostenuta dai vescovi cattolici di Inghilterra e Galles e avviata dopo i disordini di origine razzista degli anni Ottanta e rappresenta la Chiesa cattolica nel «Faiths forum for London» che promuove il dialogo tra le nove più importanti religioni della capitale britannica. «Non sappiamo ancora perché l’attacco di ieri è stato commesso», spiega il direttore della «Westminster interfaith agency». «I media suggeriscono che si tratta di un attacco terroristico ma potrebbero semplicemente essere dei pazzi che sono arrabbiati per qualche motivo particolare».

«Certo l’incidente è stato terribile e non sarebbe mai dovuto capitare in una società civile e potrebbe avere motivi di natura religiosa ma non esistono prove», continua Jon Dal Din. «L’unica prova che i media hanno per definire questi criminali musulmani è il fatto che abbiano detto la frase ‘Allah Akbar’ che significa ‘Allah è il più grande’. Sono saltati a delle conclusioni che non sono ancora state dimostrate», continua il direttore della agenzia per il dialogo interreligioso di Westminster. «È un atteggiamento che non aiuta perché la maggior parte dei musulmani in questo paese e, nel resto del mondo, sono persone pacifiche. Gente comune che vive una vita normale e pratica la propria religione senza provocare nessuno».