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Stati Uniti: mons. Kurtz (conferenza episcopale), una sentenza non può imporre il matrimonio gay

«È profondamente immorale e ingiusto che un governo dichiari che due persone dello stesso sesso possono costituire un matrimonio». Mons. Joseph E . Kurtz, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha diffuso una nota dopo la sentenza della Corte Suprema statunitense la quale ha deciso che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un «diritto» e va dunque esteso a tutti i 50 Stati della Federazione.

Il verdetto della Corte era giunto con 5 giudici favorevoli e 4 contrari. Mons. Kurtz afferma: «Indipendentemente da ciò che una maggioranza risicata della Corte Suprema può dichiarare in questo momento della Storia, la natura della persona umana e il matrimonio restano immutati e immutabili». Come oltre quarant’anni fa il caso Roe vs. Wade «non ha risolto la questione dell’aborto» – osserva il prelato, con riferimento alla giurisprudenza della stessa Corte -, il caso Obergefell vs. Hodges «non risolve la questione del matrimonio oggi», perché «entrambe le decisioni non sono radicate nella verità e, di conseguenza, alla fine non terranno».

La nota episcopale statunitense prosegue: «Il significato unico del matrimonio come l’unione di un uomo e di una donna è inscritto nei nostri corpi di maschi e di femmine. La tutela di questo significato è una dimensione critica della ‘ecologia integrale’ che Papa Francesco ci ha chiamati a promuovere». Per questo «ridefinire il matrimonio per legge in tutto il Paese è un tragico errore che danneggia il bene comune e i più vulnerabili tra noi, soprattutto i bambini. La legge ha il dovere di sostenere il diritto fondamentale di ogni bambino di essere allevato, ove possibile, da una madre e da un padre sposati e parte di un’unione stabile». L’invito finale di mons. Kurtz va a «tutte le persone di buona volontà» a «unirsi a noi nel proclamare la bontà, la verità e la bellezza del matrimonio come rettamente intesa per millenni», mentre alle autorità pubbliche si chiede di «rispettare la libertà data da Dio di cercare, vivere e testimoniare la verità».