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Sud Sudan: le congregazioni religiose sostengono gli accordi di pace

«Diciamo ‘no' a ogni tipo di violenza o a qualsiasi azione che degradi la vita umana e la sua dignità. Troppo sangue è stato sparso su questa terra e troppe vite sono state perdute». Così recita l'appello diffuso il 15 maggio dall'Associazione dei Superiori religiosi del Sud Sudan (Rsass, che raccoglie 29 congregazioni cattoliche), a cinque mesi dall'inizio del conflitto che oppone il presidente in carica Salva Kiir e il suo ex-vice, Riek Machar, oggi a capo della ribellione.

 Ai due leader rivali, i religiosi sud-sudanesi chiedono di «cercare una pace sostenibile e la riconciliazione attraverso il dialogo politico» e di «onorare l’accordo firmato» la sera del 9 maggio, che prevede anche la formazione di un governo di unità nazionale. Ma già all’indomani dell’accordo firmato nella capitale etiope Addis Abeba, le parti in conflitto si sono accusate a vicenda di averlo violato, e non tutti i gruppi sul terreno rispondono direttamente ai leader politici. Allarme anche per la situazione umanitaria: centinaia di migliaia di sfollati vivono ancora in campi improvvisati o nelle basi Onu del Paese, mentre nella capitale Juba il governo ha confermato la presenza di un focolaio di colera, con 18 sospetti contagi e un morto.