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Terra Santa: mons. Fontana, «spiegare ciò che veramente accade qui»

(dall'inviato Sir a Betlemme) - «Alla gente va spiegato ciò che veramente accade qui, ciò che abbiamo visto. A Gaza tutto è distrutto, i neonati muoiono di freddo: deve essere detto senza mezzi termini».

È il primo commento «a caldo» dell’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Riccardo Fontana, rilasciato oggi al Sir a conclusione della annuale visita-pellegrinaggio dell’Holy Land Coordination (11-15 gennaio), formato dai vescovi di Usa, Canada, Ue e Sud Africa (Hlc), svoltasi tra Gaza, Sderot, Hebron, Betlemme e Gerusalemme. «Il tema della dignità è stato il filo rosso che ha tenuto unite le varie tappe di questa visita» spiega l’arcivescovo che cita un episodio protagonista un giovane delle scuole cattoliche della Striscia che rivendicava non tanto «cibi, vestiti o strutture» ma di essere «trattato da uomo, con dignità». «Se le scuole cattoliche sono capaci di formare le coscienze in questa maniera – sottolinea mons. Fontana – vale la pena impegnarci fortemente per l’educazione».

Tra i ricordi dell’arcivescovo di Arezzo, membro italiano dell’Hlc, quello degli anziani gazawi, malati di cancro, «costretti a vivere in strutture simili a capanne, senza energia elettrica e che solo grazie alla solidarietà del Patriarcato latino di Gerusalemme, riescono ad avere le batterie per garantirsi l’illuminazione minima per vivere. Questa è la misura della distruzione».

«Significativa» per il presule, anche la tappa di Hebron, dove, dichiara, «abbiamo potuto verificare una palese situazione di sofferenza. Una città ferita. Spero che qualcuno si accorga che a Hebron, dove erano padroni i suoi abitanti sono arrivati coloni ebrei americani e australiani e con prepotenza, difesi dai militari israeliani, hanno imposto restrizioni sin nella zona vecchia della città, che ospita le tombe dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, radici comuni delle tre religioni monoteistiche». Richiamandosi al comunicato finale diffuso oggi, l’arcivescovo ribadisce che «informare è utile, far pensare le istituzioni è difficile ma nella misura in cui si riesce a comunicare con la gente è rivoluzionario. Alla gente va spiegato ciò che veramente accade qui, ciò che abbiamo visto». Una importante forma di aiuto e di vicinanza ai cristiani locali è quella dei pellegrinaggi che, per mons. Fontana, devono privilegiare non solo e non tanto «l’archeologia ma l‘incontro, il dialogo e lo scambio con le pietre vive di questa Terra che sono le comunità cristiane locali senza dimenticare i problemi che attanagliano la Siria e l’Iraq», paesi sui quali i vescovi si sono soffermati a discutere anche con il nunzio in Iraq e Giordania, monsignor Giorgio Lingua.