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Trump: leaders religiosi, «grande preoccupazione» per commenti denigratori sui Paesi africani e su Haiti

Grande preoccupazione tra i leader religiosi per le frasi del presidente Usa Donald Tump che nell’incontro di giovedì scorso, con un gruppo bipartisan di legislatori chiamati a discutere un pacchetto di leggi sulla riforma dell’immigrazione, si è espresso con dichiarazioni d’intolleranza nei confronti di Haiti, di alcune nazioni africane e di altri Paesi che godono uno status di protezione umanitaria.

(da New York) «I resoconti di recenti commenti denigratori sui Paesi africani e su Haiti hanno destato grande preoccupazione. Queste presunte osservazioni sono particolarmente inquietanti». I vescovi americani affidano a James Rogers, responsabile della comunicazione per la Conferenza episcopale, il commento alle parole del presidente Trump che nell’incontro di giovedì scorso, con un gruppo bipartisan di legislatori chiamati a discutere un pacchetto di leggi sulla riforma dell’immigrazione, si è espresso con dichiarazioni d’intolleranza nei confronti di Haiti, di alcune nazioni africane e di altri Paesi che godono uno status di protezione umanitaria. «Tutti gli esseri umani sono fatti a immagine e somiglianza di Dio, e commenti che denigrano nazioni e popoli violano quella verità fondamentale e causano dolore. Bisogna evitare un linguaggio che possa disumanizzare i nostri fratelli e sorelle», continua il comunicato dei vescovi, che deplorano la coincidenza dell’accaduto con il dibattito sul futuro dell’immigrazione e sulla situazione di sospensione vissuta dagli 800mila giovani legati al programma Daca.

«Crudeli, spregevoli, meschine». Gli aggettivi usati nell’editoriale della rivista dei gesuiti America non lasciano margini di dubbio sulla condanna delle parole del presidente statunitense. «Sono terribili e non rivelano nulla che non sapevamo già della sua presidenza. Ha agito sotto un impulso primitivo di denigrazione delle nazioni più povere e con grandi numeri di popolazione non bianca a conferma delle sua lunga storia di razzismo e xenofobia. Sta ignorando la dignità essenziale dei rifugiati e degli immigrati».

Da più parti i leader cattolici esprimono il loro sconcerto, ma tutti concordano che le nuove esternazioni choc non possono fermare il lavoro di governance sulle migrazioni, soprattutto in questo momento in cui migliaia di famiglie vivono nel terrore della separazione e dell’espulsione per la scadenza dei programmi di protezione.

Bill Canny, direttore esecutivo del servizio per migranti e rifugiati della Conferenza episcopale, ha dichiarato all’agenzia stampa Cna che i commenti del presidente vanno contro quanto papa Francesco chiede di vivere ai cattolici nei riguardi dei migranti. «Abbiamo visto immigrati e rifugiati entrare in questo Paese, e il 90% dei rifugiati che accogliamo trovano lavoro entro nove mesi perché c’è varietà e ci sono mestieri disponibili per queste persone, che altri non fanno».

Il cardinale di Boston, Seán O’Malley, ha scritto sul suo blog che negli anni ha assistito molte persone giunte negli Usa per «condividere le loro vite, la loro cultura e la loro fede, ma lo spirito era ben diverso dal tenore di linguaggio usato oggi nel Paese quando si dibatte di immigrazione». Il cardinale lo considera «duro, non accogliente, sospettoso» e continua dicendo che «ci sono istituzioni e voci individuali con la capacità di distorcere la reputazione di questo Paese agli occhi del mondo. Mentre ci si aspetta di essere rispettati come Stato sovrano, questo rispetto va ricambiato nei confronti delle altre persone, degli altri Paesi e delle altre culture».

«È sconvolgente» per le 2.900 suore della Misericordia che un presidente abbia usato un «linguaggio volgare e offensivo per descrivere Haiti, El Salvador e i Paesi africani», soprattutto perché le religiose vantano presenze e case proprio nelle nazioni disprezzate. «Accogliamo immigrati e rifugiati di questi Paesi nelle nostre scuole, nelle chiese, nelle istituzioni sanitarie e ci offende la descrizione ingiusta di queste terre e dei loro abitanti. Nessuno può essere definito in questi modi dal leader del nostro Paese».

Infine il cardinale Blase Cupich di Chicago, proprio ieri ha twittato un ringraziamento a Jean Baptiste Point Du Sable, fondatore della città e immigrato haitiano, e ha aggiunto: «Siamo una nazione di immigrati, che hanno reso grande l’America e che continuano ad arricchirla con i doni che portano sulle nostre coste»