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Ue-Chiese: incontro fra istituzioni europee e leader religiosi. Timmermans, «valori ci uniscono»

(Bruxelles) «I leader religiosi svolgono un ruolo vitale nel favorire l’integrazione e la partecipazione di tutti i membri dei loro gruppi in Europa quali europei a pieno titolo, indipendentemente dalle loro origini e dal loro credo». Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione europea, ha fatto da «padrone di casa» all’incontro odierno, al palazzo Berlaymont di Bruxelles, tra istituzioni Ue e comunità religiose presenti nel vecchio continente.

L’appuntamento, il dodicesimo di una serie di incontri annuali varati dalla Commissione nel 2005, si colloca nel quadro della collaborazione tra politica e fedi religiose definito dall’art. 17 del Trattato di Lisbona. Timmermans commenta: «Attraverso questi dialoghi possiamo identificare i valori comuni fondamentali che ci uniscono, anziché sottolineare ciò che ci divide». Dopo i lavori della mattina e la conferenza stampa, il dibattito è proseguito durante il pranzo. Una nota della Commissione riferisce che «le discussioni hanno spaziato dalle sfide poste da fenomeni quali il populismo e l’intolleranza al ruolo essenziale dell’istruzione e della sensibilizzazione dei cittadini per migliorare l’integrazione e la coesione sociale in Europa». «I leader hanno convenuto di collaborare strettamente con la Commissione per garantire l’adesione ai valori europei nel contesto della migrazione e dell’integrazione».

Erano una ventina i leader religiosi invitati all’incontro. Fra i presenti figuravano: mons. Jean Kockerols, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles e primo vicepresidente della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea); il vescovo Czeslaw Kozon (Copenaghen), presidente della Conferenza episcopale nordica e vicepresidente Comece; il metropolita Athenagoras del Belgio, esarca dei Paesi Bassi e del Lussemburgo; mons. Heinrich Bedford-Strohm, vescovo della Baviera e presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania; imam Hassen Chalghoumi, di Drancy (Francia), ex presidente della Conferenza degli imam di Francia; Arie Folger, rabbino capo della comunità ebraica a Vienna; Albert Guigui, rabbino capo di Bruxelles e rappresentante permanente della Conferenza dei rabbini europei presso l’Unione europea; imam Benjamin Idriz, direttore della comunità islamica a Penzberg; Antje Jackelen, arcivescovo della chiesa di Svezia; imam Yahya Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica in Italia; metropolita Polycarpus, vicario patriarcale dei Paesi Bassi, della Chiesa ortodossa siriaca di Antiochia; l’arcivescovo Ratislav di Prešov, primate della chiesa ortodossa ceca e slovacca; Lakshmi Vyas, presidente del Forum indù dell’Europa. Il dialogo dell’Unione europea con le chiese, le religioni, le organizzazioni filosofiche e non confessionali è stato sancito dall’articolo 17 del Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009.

«È essenziale coinvolgere tutte le comunità, comprese quelle delle varie religioni, per creare e mantenere una società coesa e inclusiva per tutti». Dimitris Avramopoulos, responsabile della Commissione Ue per migrazione, affari interni e cittadinanza, tra i partecipanti all’incontro tra Ue e comunità religiose svoltosi oggi a Bruxelles, osserva: «Con l’ascesa del nazionalismo, della xenofobia e dell’estremismo, dobbiamo fare in modo che la nostra società resti una società dell’accoglienza, in particolare nei confronti di coloro i quali fuggono dalla guerra e hanno bisogno di protezione internazionale, mantenendo al contempo i nostri valori e principi fondamentali». All’incontro con i leader religiosi erano inoltre presenti per l’Ue il vicepresidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, e Jan Figel, nominato a maggio dalla Commissione Ue «inviato speciale per la promozione della libertà di religione e di credo al di fuori dell’Unione europea».

«Il controllo temporaneo delle frontiere di alcuni Paesi per respingere certi gruppi di persone, sebbene non contraddica le regole di Schengen, suscita qualche preoccupazione»: così ha esordito il vescovo di Copenaghen, monsignor Czeslaw Kozon, intervenendo stamane a Bruxelles nella veste di vicepresidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) all’incontro annuale tra le istituzioni Ue e le comunità credenti presenti nell’Unione su «Migrazione, integrazione, valori europei: dalle parole ai fatti». Se è pur vero che «non ogni immigrato è un rifugiato», e si può distinguere tra chi arriva perché perseguitato e minacciato e chi perché vuole garantire ai propri figli una vita migliore, «gli sforzi crescenti per chiudere i confini e ridurre l’immigrazione devono accompagnarsi a iniziative internazionali», commenta il vescovo. Mentre resta «compito fondamentale l’affrontare le cause di fondo della migrazione». Seppur preziosa l’assistenza ai rifugiati nei Paesi confinanti dove sono sfollati, come nel caso della Turchia, occorre «affrontare i problemi nei loro Paesi d’origine», insiste Kozon. Tra i temi affrontati da mons. Kozon anche la difficoltà che le Chiese incontrano nell’entrare nei campi e centri in Europa per assistere gli immigrati, «perché le autorità vogliono che questi siano luoghi religiosamente neutri». La religione «è un elemento importante nella vita di molte persone e la libertà di religione è garantita dagli Stati che si dichiarano tolleranti e democratici, ma ci sono differenze su come essa è concretamente applicata».