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VESCOVI AFRICANI E EUROPEI: DAL CONGRESSO DI LISBONA TANTE VOCI CONTRO LA GUERRA

Un appello congiunto dei vescovi europei ed africani contro la guerra in Iraq potrebbe essere lanciato domani a conclusione dell’incontro che si è aperto oggi a Lisbona su “Africa ed Unione europea. Partners nella solidarietà. Il contributo delle Chiese”, organizzato da Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea), Sceam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) e Conferenza episcopale portoghese. I temi della guerra e della pace sono emersi infatti in maniera trasversale durante questa prima mattinata di lavori in cui si è parlato di nuove forme di solidarietà e collaborazione tra i due continenti, visto che tutti i relatori hanno concordato – citando le parole di Paolo VI – che “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”. Il cardinale José da Cruz Policarpo, Patriarca di Lisbona e presidente della Conferenza episcopale portoghese, ha annunciato l’intenzione di stilare un appello comune contro la guerra, rilevando che “la posizione della Chiesa e del Papa ha contribuito a creare nell’umanità una nuova coscienza sul valore inestimabile della pace, per cui la società civile comincia a reagire e a fare pressione sui governi. Anche se non sarà ascoltata da chi prende le decisioni si è già fatto un salto in avanti”. E dal congresso di Lisbona emergono anche voci isolate dai conflitti dimenticati dell’Africa, chiedendo aiuto all’Europa e alla comunità internazionale. Mons. John-Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, in Uganda, ha lanciato un appello per la sempre più drammatica situazione nella zona Nord del suo Paese, nei tre distretti di Gulu, Kitgun e Pader, dove da oltre 15 anni si combatte una guerra tra i ribelli (di cui il 90% è costituito di bambini tra gli 8 e i 14 anni) e l’esercito governativo: su una popolazione di 1.200.000 persone, circa 800.000 sono rifugiati interni alloggiati in campi profughi, scuole, missioni e ospedali e, nonostante gli aiuti delle organizzazioni internazionali, hanno ancora bisogno di cibo e medicine, ma soprattutto di aiuto politico per la risoluzione di questo conflitto. Una organizzazione interreligiosa locale – “Acholi” -, composta da leader musulmani, protestanti, ortodossi e cattolici, sta lavorando per convincere il governo a negoziare una soluzione pacifica ma finora poco è stato fatto. “Ascoltate il grido della popolazione ugandese – ha concluso mons. Odama -. Abbiamo bisogno urgente del sostegno internazionale”.Sir