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Venezuela a un passo dal baratro e al bivio: «Sottomissione assoluta o esplosione sociale?»

La Chiesa venezuelana è sempre più preoccupata per «la gravissima situazione nel Paese», sempre più vicino al crollo economico e con il 70% della popolazione in povertà. Per monsignor Diego Rafael Padrón Sánchez, presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, siamo di fronte ad un bivio: o «la sottomissione assoluta» al potere autoritario o «l'esplosione sociale della violenza»

Il Venezuela è ad un passo dal baratro: la mancanza di cibo e medicine, gli altissimi livelli di violenza e criminalità, l’inflazione alle stelle (180% nel 2015 ma il Fondo monetario internazionale prevede 500% nel 2016 e 1600% nel 2017), la difficoltà a reperire prodotti se non al mercato nero e l’aumento dei saccheggi, la povertà che si espande a macchia d’olio, i black out di energia elettrica ed acqua. Il presidente Nicolàs Maduro, erede di Hugo Chavez, ha proclamato lo «stato di emergenza economico» e minacciato di espropriare le grandi fabbriche di alimentari che hanno arrestato la produzione per l’impossibilità di acquistare materie prime e arrestare i dirigenti, mobilitando l’esercito contro il rischio di un golpe appoggiato dalle potenze straniere. Sta inoltre facendo il possibile perché non passi il  referendum che chiede la sua destituzione grazie a 2 milioni di firme raccolte dalle opposizioni. Per la Chiesa venezuelana, sempre più preoccupata per «la gravissima situazione nel Paese», siamo di fronte ad un bivio: o «la sottomissione assoluta» al potere autoritario o «l’esplosione sociale della violenza». Lo afferma monsignor Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná e presidente della Conferenza episcopale del Venezuela. «Soffriamo molto e ci sentiamo impotenti», dice. Anche Papa Francesco è informato nei dettagli della situazione: «Ha scritto e mandato messaggi ma non può far nulla perché il governo è sordo, non ascolta nessuno».

«Le angustie» della popolazione. I vescovi del Venezuela avevano già espresso la propria posizione il 27 aprile scorso, in una lunga nota che elencava tutte le «angustie» della popolazione: «L’estrema carenza di beni e prodotti di base per l’alimentazione e la salute», l’aumento della «delinquenza assassina e disumana» – la capitale Caracas è la città più violenta del mondo, in Venezuela si stimano dai 14mila ai 28mila omicidi l’anno -, «il razionamento dell’acqua e della luce e la profonda corruzione a tutti i livelli del governo e della società», che insieme «a ideologia e pragmatismo acuiscono questa situazione».

Imprese a rischio esproprio, l’invito dei vescovi. Rispetto all’ultima minaccia di Maduro di sequestrare le fabbriche che hanno interrotto la produzione monsignor Padrón Sánchez evidenzia «un assoluto rifiuto da parte della popolazione nei confronti di questa misura, anche perché le imprese permettono di produrre l’80% degli alimenti che si consumano nel Paese»: «Il governo non può nazionalizzare le imprese perchè automaticamente si paralizzerebbero – afferma -. Già in passato ci sono state esperienze simili. Le imprese non producono più nulla e si perde tutto». I vescovi venezuelani chiedono perciò al governo «di convocare le imprese private per cercare una soluzione ai problemi del Paese».

«Il sistema economico è la causa del disastro». Nonostante il Venezuela sia dotato delle più grandi riserve di petrolio al mondo, il crollo del prezzo del greggio e la malagestione degli ultimi anni stanno rischiando di portare il Paese verso la bancarotta. Il presidente dei vescovi venezuelani conferma questa possibilità. «È difficile procurarsi i prodotti, che sono costosissimi, come le medicine. L’economia non funziona. Il sistema economico in quanto tale è la causa del disastro del Paese», dichiara. Rispetto a fine aprile – quando è stata scritta la nota – la situazione è addirittura «peggiorata, perché continua la carestia, l’assenza di cibo, c’è uno scontro continuo tra il potere esecutivo e legislativo», visto che l’assemblea nazionale è in mano alle opposizioni. La violenza e la delinquenza «continuano a dominare nel Paese», mentre «il governo non è in grado di controllarle». In tutto ciò «la stampa scritta continua a subire restrizioni, le radio e le televisioni hanno molta difficoltà». La Chiesa può esprimersi liberamente «ma ci dicono che apparteniamo all’opposizione, che siamo golpisti».

Alle Caritas è vietata la distribuzione di cibo e medicine straniere. Per la Caritas, ad esempio, è difficilissimo aiutare i poveri con cibo e farmaci. La carenza di medicine ha innalzato i tassi di mortalità dei più deboli, soprattutto anziani e bambini. «A livello nazionale facciamo il possibile con la distribuzione di medicine – racconta -. Ma nelle diocesi la situazione è difficile: abbiamo chiesto al governo di autorizzare la Caritas ad avere accesso a medicine donate dagli Usa o da altri Paesi latinoamericani o europei, ma non ci è stata concessa». Le Caritas locali non possono nemmeno distribuire il cibo: «È vietato dalla legge, si rischia di andare in carcere. Non sappiamo come aiutare le persone».

Si rischia una «esplosione sociale». I vescovi appoggiano anche la proposta di referendum firmato da 2 milioni di persone. Lo ritengono «un diritto del popolo» anche se «il governo sta facendo di tutto per renderlo impossibile». «Potrebbe essere invece uno strumento positivo per smorzare la tensione tra la popolazione – sottolinea -. Ma pensano che sia un attacco al presidente». «È molto probabile che se il governo non mette in atto percorsi pacifici e democratici per dare una risposta alla gravissima situazione del Paese – avverte monsignor Padrón Sánchez – avremo a breve una esplosione sociale. Questo è uno scenario e una possibilità, che ovviamente non desideriamo». «Stiamo andando verso una situazione molto simile, se non uguale, a quella di Cuba, dove il popolo è sottomesso – osserva -. L’ideale che sta seguendo il governo è condurre questo Paese alla massima povertà, al controllo assoluto della popolazione e delle istituzioni. Siamo tra lo scenario della sottomissione del popolo e quello di una uscita violenta da questa situazione».