Opinioni & Commenti

2006: diminuiscono le guerre, ma resta critico il Medio Oriente

di Romanello CantiniLa ricorrenza del Natale è sempre un’occasione per domandarsi quanta pace c’è intorno a noi nel mondo. E non è solo un bisogno di sapere quanta rispondenza ci sia fra il messaggio di pace della natività e la realtà del Duemilasei. Ma anche un dovere di informazione in un campo così importante dove pure anche qui sembra valere spesso la regola generale per cui il male fa notizia e il bene no. Si, perché si fanno le guerre, ma si fanno anche le paci.

C’è, è vero, e terribile l’Iraq e poi l’Afghanistan e poi la Palestina anche di questi giorni dove la violenza non guarisce, ma si cronicizza e appare come una metastasi anche dove non t’aspetti fra gli stessi compatrioti. Ma ci sono anche nel mondo posti in cui, seppure a fatica e quasi in punta di piedi, si chiudono conflitti lunghi e sanguinosi e ci si riconcilia con il prossimo e con il passato.

Ci sono stati a questo proposito in questo anno almeno due episodi significativi. Nell’ottobre scorso nel Congo, dopo una guerra che dal 1998 al 2002 ha fatto quattro milioni di morti, due ex-signori di quella terribile guerra, Joseph Kabila e Jean Pierre Bemba, si sono affrontati questa volta in una pacifica campagna elettorale da cui il primo è uscito vincitore. Nel novembre scorso in Nicaragua Daniel Ortega, il capo di una guerriglia durata dieci anni negli anni Ottanta del secolo scorso, si è presentato alle elezioni e le ha vinte dopo aver condotto una campagna elettorale mettendo da parte l’inno rivoluzionario del Fronte sandinista e facendosi accompagnare dalla canzone di John Lennon «Give peace a chance» (Date una possibilità alla pace).

In Europa dopo le stragi nella Bosnia e nel Kossovo si è trovata una stabilità seppure precaria nella penisola balcanica.

Si sono chiuse negli ultimi cinque anni molte delle guerre che devastavano l’Africa. Dopo quella del Congo sono terminate le guerre dell’Angola e del Mozambico che si trascinavano da oltre venti anni. Si sono chiusi almeno per quanto riguarda le stragi e i combattimenti i conflitti genocidari in Ruanda e in Burundi. In Asia nell’agosto scorso si è trovato un accordo nel Nepal fra il governo e la guerriglia maoista che mette fine ad una guerra civile durata dieci anni con dodicimila morti. In America Latina la guerriglia di Sendero Luminoso che è durata vent’anni con settantamila vittime si è chiusa con un’opera di conciliazione e con la condanna al carcere nell’ottobre scorso degli ultimi irriducibili.

Quindici anni fa il numero dei conflitti aperti nel mondo superava la cinquantina. Oggi le guerre e le guerriglie ancora attive sono meno di venti. Se gli analisti che si occupano delle misurazioni di lunga durata hanno ragione sembra che questa tendenza alla riduzione delle guerre non sia un fatto congiunturale, ma costantemente progressivo. Dopo le due guerre mondiali la maggior parte dei conflitti e il maggior numero di vittime si sarebbero avuti nei venti anni che corrono dagli anni Sessanta agli anni Settanta del secolo scorso per poi decrescere costantemente. A questi progressi della pace hanno contribuito la fine della guerra fredda con il venir meno delle famose «guerre per procura» fra Est ed Ovest, il maggior attivismo dell’Onu con la presenza di quasi venti missioni di pace nelle zone turbolenti del mondo; l’estendersi della democrazia fino ai due terzi degli stati del pianeta, il diffondersi di una certa prosperità economica prevalentemente in Asia e infine un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale.

Rimangono purtroppo le piaghe ancora aperte dalle più gravi alle più subdole, dall’Iraq alla Colombia, dall’Afghanistan alle Filippine, dal Sudan allo Sri Lanka. Ma il fatto che sempre più spesso ci sono conflitti che si chiudono anziché guerre che si aprono dimostra che la pace è di questo mondo, non è utopia e la sua ricerca senza posa non è un inutile spreco di impegno degli uomini di buona volontà. Purché veramente lo si voglia può essere così domani anche per la Palestina dove pure si spara alla vigilia di Natale.

Non c’è pace senza giustizia (di FRanco Cardini)