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Abdicano i Re ma i nostri politici non mollano

L’anno scorso con regolare abdicazione ha rinunciato al regno la regina Beatrice di Olanda all’età di settantacinque anni quando in genere va un professore universitario. La stessa cosa ha fatto il re Alberto II del Belgio di tre anni più anziano. Due settimane fa all’età di settantasei anni ha dato notizia della sua volontà di abdicare il re di Spagna Juan Carlos.

Quasi negli stessi giorni in cui il re di Spagna decideva di lasciare il trono Ciriaco De Mita, ex-vicesegretario dc, ex-ministro, ex-segretario dc, ex-presidente del consiglio, ex-parlamentare europeo, con una sfilza di x dietro di sé superiore a quelle di una espressione algebrica, ha deciso di diventare sindaco dei quattromila abitanti di Nusco all’età di ottantasei anni.

Come diceva Giulio Cesare «meglio primo in un villaggio di montagna che secondo a Roma». L’Italia è quel paese misterioso in cui i politici possono avere più pensioni senza andare mai in pensione. Nonostante tutte le rottamazioni predicate e praticate nelle nostre piccole e grandi istituzioni circolano ancora se non proprio le Topolino e le Balilla scomparse per cause naturali diverse Giuliette e Ritmo che risalgono a non pochi decenni fa. E anche quando si è sconfitti perfino clamorosamente non ci si rassegna a lasciare il campo.

In altri paesi è regolare che chi perde cambi mestiere. Ci si ricicla, ci si converte, forse anche ci si rassegna. Dove sono i grandi degli altri paesi che erano tutti i giorni sul giornale appena dieci anni fa? In America Bush dipinge, in Gran Bretagna Blair insegna all’università, in Francia Sarkozy va a prendere all’asilo la figlia Giulia. In Italia anche coloro che sono stati clamorosamente sconfitti perché non sono riusciti a superare un quorum e sono arrivati ultimi dopo i seicento eletti «a volte ritornano» nemmeno fossero gli straordinari esseri immortali di Stephen King.

Negli ultimi giorni anche Fini e Di Pietro hanno fatto sapere che vogliono tornare in pista. Di fronte a questa eventualità qualcuno ha già scritto che anche il potere in fondo è una droga che può dare dipendenza come la cocaina, l’alcool e i giuochi d’azzardo. E bisogna forse inventare cure ad hoc che non siano il metadone o la comunità. Forse il disinquinamento migliore dal potere è quello che negli ultimi anni della sua vita scelse Carlo V che pure della vertigine del potere ne sapeva qualcosa: il convento. Con l’aggiunta magari dei voti di umiltà, obbedienza e povertà che potrebbero forse essere dei buoni   disintossicanti per chi crede  che senza portarsi dietro la bombola d’ossigeno dell’«essere qualcuno» non si può vivere.