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Adozioni alle coppie gay, lo strappo dei Tribunali

Ancora una volta si è pescato un caso limite per fare pressione sulla politica contaminando con principi e culture diverse i nostri valori democratici. Un Tribunale che si sostituisce a un Parlamento è una forzatura che crea pure conflitto tra poteri dello Stato: quello giudiziario che mette le mani su quello legislativo. Il Tribunale fiorentino ha accolto la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, pronunciata da parte di una Corte britannica a favore appunto di una coppia di uomini. I due, entrambi italiani, da tempo residenti all’estero, si sono rivolti all’«Avvocatura per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender» per ottenere in Italia la trascrizione dei provvedimenti emessi dall’autorità straniera a cui consegue per i figli il riconoscimento della cittadinanza italiana e del medesimo status e dei medesimi diritti riconosciuti nel Regno Unito.

Nello stesso giorno, in seconda battuta, ma con tempismo impressionante, il Tribunale per i minorenni di Firenze si è pronunciato sul caso analogo di una bambina adottata negli Stati Uniti da parte di un’altra coppia di uomini, uno italiano e uno americano, residenti a New York. Il tutto mentre la Commissione giustizia della Camera diffondeva un documento in materia proprio di adozioni e soprattutto a pochi giorni dal pronunciamento del Tribunale di Trento che ha riconosciuto in Italia il legame genitoriale anche in questo caso di due uomini con due gemelli ottenuti in Canada tramite maternità surrogata. Motivando la loro decisione, i giudici hanno spiegato che la Convenzione de L’Aja non pone limiti allo status dei genitori adottivi. Non sarebbero quindi esclusi né gay né single. Per i giudici di Firenze, nel caso specifico dei due italiani residenti in Inghilterra, si tratterebbe inoltre di «una vera e propria famiglia». Disconoscendo così la stessa Costituzione che parla di «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».

A rafforzare la motivazione della sentenza, il Tribunale fiorentino cita anche il «superiore interesse del minore», scartando del tutto la possibilità che il diritto e il bene del minore possa essere quello di avere un padre e una madre. Anche perché, com’è stato giustamente detto, non bastano due padri a fare una madre, come non bastano due madri a fare un padre. In questo senso, l’obiettivo della battaglia ideologica di certi magistrati punta oltre la politica per attaccare una visione antropologica che vede nella differenza di genere dei genitori un bene per il futuro dell’umanità, che nella sua storia ha sempre avuto bisogno di padri e di madri. Ma la catena dei Tribunali non si ferma: dopo Trento e Firenze è arrivato Roma. Questa volta per dare l’ok all’adozione da parte di due donne.