Opinioni & Commenti

Assisi: gesto grande parola forte

DI SILVANO PIOVANELLICardinale

L’incontro del Papa e dei rappresentanti delle diverse Chiese e Comunioni cristiane e delle altre religioni ad Assisi il prossimo 24 gennaio, non è un masso erratico nella storia di questo Pontificato. Non soltanto perché già nel 1986 i capi di tutte le religioni del mondo si sono raccolti nella città di San Francesco per una giornata di preghiera, digiuno e pellegrinaggio, chiedendo la pace nel mondo. Ma perché il seme era già stato gettato nell’enciclica «Redemptor hominis», scritta nel 1979 all’inizio del Pontificato di Giovanni Paolo II.

Una dottrina antica e sempre nuova: «l’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso. L’uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere comunitario e sociale» (Redemptor hominis, 14)

La Chiesa, dunque, deve e vuole incontrare l’uomo. Non astratto, ma concreto. L’uomo che vive il dramma del nostro tempo: segnato da spaventose ingiustizie, insanguinato da tante guerre, impaurito da attentati suicidi, tentato di accusare, talvolta, anche le religioni.

Vero è che negli ultimi dieci anni la strumentalizzazione della religione a fini conflittuali è emersa in più occasioni: basta pensare ai conflitti della ex-Jugoslavia, allo scontro israelo-palestinese, alla Cecenia e al lontano Sinkiang (Cina), all’esplodere dell’intolleranza religiosa in società prima considerate pacifiche e tolleranti come l’India e, in modo più evidente, l’Indonesia, fino al drammatico attentato alle torri gemelle di New York l’11 settembre, i cui fautori si sono richiamati all’Islam e alla «Guerra Santa».

Ma – lo dice il Papa nel suo messaggio per la pace – nessun responsabile delle religioni può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno, lo può predicare.

Proclamarsi terroristi in nome di Dio è profanare la religione. Assisi darà occasione ai leaders religiosi di condannare pubblicamente ed insieme, il terrorismo e la guerra, dichiarando il loro impegno per eliminarne le cause sociali e culturali.

Nella città di San Francesco, che fu pellegrino in Terra Santa e andò, povero e disarmato, nel campo dei Saraceni ad incontrare il Sultano, Ebrei, Cristiani e Musulmani col loro stesso incontrarsi dichiareranno l’abolizione della categoria del «nemico», deprecando che sangue di fratelli sia versato da fratelli che si richiamano all’unico loro padre, il Patriarca Abramo.

In questo momento storico – ha detto il Papa annunciando, durante l’Angelus di domenica 18 Novembre, l’incontro di Assisi – l’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di ascoltare parole di speranza».

L’incontro di Assisi è un gesto grande ed una forte parola per tutti:richiama al dialogo come a strumento ineludibile per gestire la convivenza e i rapporti tra fedi e culture, ed esorcizza la paura di entrare in contatto e in dialogo con gli altri: nel confronto l’identità si rafforza e ci viene offerta l’occasione di dare testimonianza.

Assisi sarà anche affermazione chiara della necessità di un supplemento d’anima per costruire l’avvenire dell’umanità sui quattro pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e della libertà, senza rimanere prigionieri delle ideologie e dei nazionalismi, degli interessi e del potere, del piacere e del consumismo, della delusione e della disperazione. Assisi lo affermerà con lo spazio dato alla dimensione della preghiera. Una preghiera che, pur fatta separatamente secondo le diversità delle religioni, cerca di esprimere comunicazione con una realtà che è oltre il visibile e al di sopra delle nostre forze e riconosce una verità difficile da accettare: l’uomo da solo non basta.

Io ringrazio lo Spirito Santo di aver dato al Santo Padre l’idea e il coraggio di questa iniziativa. Senza l’intento di una supremazia sugli altri. Senza la ricerca di un consenso religioso a basso costo. Senza cedere al relativismo di un progetto umano comune. Ma unicamente per essere al servizio di tutta l’umanità e preparare un futuro che corrisponda al suo desiderio di pace.

Così continua la stessa infinita «compassione» e tenerezza del cuore di Dio, che un giorno si è fatta visibile nel Verbo Incarnato.