Opinioni & Commenti

Cattolici semplici spettatori del processo politico

Mons. Galantino ha preso le mosse da una constatazione relativa alla situazione creatasi oggettivamente nel nostro paese nella cosiddetta «Seconda Repubblica»: «Il bipolarismo», egli ha osservato, «così come è stato realizzato sul piano istituzionale e su quello politico, ha finito per produrre l’effetto di due posizioni politiche in cerca del voto cattolico, ciascuna facendosi più o meno utilmente garante di un pacchetto di valori, ma senza integrare dentro la propria prospettiva l’apporto del personalismo cristiano».

Una diagnosi che spazza via le pretese, avanzate in questi anni dall’una o dall’altra parte politica, di rappresentare i valori cristiani, o sul versante dell’impegno sociale (la sinistra), o su quello dell’etica (la destra). In realtà nessuna delle due si è seriamente confrontata con la dottrina sociale della Chiesa e con la visione dell’uomo e della società che essa propone; tanto meno si è sforzata di dare ad essa quella traduzione in termini politici che l’avrebbe potuta rendere laicamente operativa per costruire la città degli uomini.

Ma, di questo, proprio i credenti sono stati i primi responsabili. «È mancato», secondo mons. Galantino, «un vero confronto tra i cattolici stessi e tra essi e le altre culture sulle nuove questioni della democrazia: dalle nuove scienze e le loro conseguenze pratiche, alle nuove emergenze sociali. Di fatto il rischio è stato quello di vedere gli stessi cattolici semplicemente dividersi nel momento elettorale, in nome della parte politica scelta, senza mai trovare momenti di convergenza sulle premesse della comune ispirazione ideale».

Sì, i cattolici sono stati soltanto spettatori e/o strumenti passivi di un processo – che, alla luce dei risultati, non ci sembra esagerato definire involutivo sotto tutti i punti di vista – in cui non sono stati capaci di incidere né culturalmente né praticamente.

Per due motivi. Il più immediato è stata la loro incapacità di comunicazione reciproca. Un pessimo segno anche sotto il profilo propriamente ecclesiale, che evidenzia il vuoto di dialogo da cui sono dolorosamente caratterizzate le nostre comunità a tutti livelli (parrocchia, diocesi, Chiesa italiana). Il ritualismo ha sostituito il confronto, determinando quel «grande gelo» che Franco Garelli, già nel convegno ecclesiale di Palermo del 1995, denunziava senza mezzi termini. Si sono temute le divisioni e così si sono elusi i conflitti fisiologici, indispensabili per la crescita delle persone e delle comunità. Quale rapporto – tra sposi, tra genitori e figli, perfino con se stessi – può fare a meno del conflitto? I cattolici li hanno esorcizzati in una finta unanimità tra le mura del tempio, per scatenarli poi in tutta la loro virulenza fuori di esse. Coi risultati che vediamo.

Il testo integrale dell’intervista di mons. Galantino a «Il Regno»