Opinioni & Commenti

Con Francesco è stato come stringere le mani a un padre amorevole e gioioso

Ho sofferto per la rinuncia di Papa Benedetto, umilissimo, come un semplice lavoratore nella vigna del Signore giunto ormai a sera. Ho detto grazie a Dio per la sua guida sapiente, amorevole e lungimirante. Ho sentito poi un tuffo al cuore, quando lo Spirito Santo ci ha sorpreso con il nuovo Papa Francesco. Davvero gloria a Dio che non dimentica la sua Chiesa e il mondo.

Nei giorni della visita ad limina compiuta a Roma la settimana scorsa, nell’incontro con il successore di Pietro abbiamo sperimentato che la barca della Chiesa, pur sbattuta dalle onde e dai venti, non può affondare e rimane segno di speranza per l’umanità. Con la forza che ci è venuta dall’incontro con Papa Francesco, ho avvertito che possiamo guardare avanti, con fiducia, nel nome del Signore. Possiamo camminare spediti, nella gioia della conversione da ogni nefandezza, per una nuova comunicazione del Vangelo. Lo confesso candidamente, ero contento ed emozionato come un bambino mentre aspettavo di incontrare Papa Francesco.

L’ho visto mercoledì 11 mattina all’udienza generale e giovedì 12 in udienza privata, insieme agli altri vescovi della Toscana, in una bella esperienza di fraternità e comunione. Ho potuto parlargli, ascoltarlo, stringergli le mani; ci siamo guardati negli occhi. A questo incontro ho portato in qualche modo anche tutti i miei diocesani. Li avevo con me, nell’affetto, perché ricevessero insieme a me la benedizione di Papa Francesco sulla loro vita. Lui ci ha parlato prima di tutto col sorriso. È stato come stringere le mani a un padre, amorevole, pronto all’ascolto, gioioso.

Ci ha chiesto di pregare per lui. Ha poi sottolineato la necessità per la Chiesa e in specie per i pastori, di camminare con la gente, ascoltando il popolo, accettandolo per quello che è, amandolo, e così accompagnarlo a riscoprire la speranza che non delude. Come nell’episodio dei discepoli di Emmaus, ai quali il Signore si accompagnò nel cammino, ha invitato a uscire fuori dai chiusi recinti, ad andare, a farsi compagni di strada, nelle periferie dei cuori e del mondo. Chiamando anche i laici alla missione, alle loro responsabilità. Rinnovando inoltre la proposta della vita sacerdotale e religiosa ai giovani.

Con espressione colorita ed efficace ha parlato di una «pastorale dell’orecchio»: prima ancora che di giudizio, questa è fatta di ascolto attento delle ansie, delle preoccupazioni e delle attese della gente, sia materiali che spirituali, con la gioia di testimoniare Gesù risorto, annunciando a tutti la misericordia di Dio. E poi ha mostrato un grande senso di collegialità, di condivisione e di apertura fraterna con noi vescovi, pastori al servizio del vangelo.

Ora mi aspetto soltanto che sia sempre quello che è e che porti questo suo essere nel centro della Chiesa come nelle varie parti del mondo. Francesco, Papa venuto «dalla fine del mondo», ci aiuterà a vivere solo di Cristo e a spendere la vita nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo, con gioia, semplicità e amore.

*vescovo di San Miniato e segretario della Conferenza episcopale toscana