Opinioni & Commenti

Con i nostri fratelli ebrei contro i nuovi «idoli»

di Elio Bromuri Sono quasi due decenni che si celebra in Italia una giornata dedicata allo studio della religione e della cultura ebraica. Non è una giornata di preghiera comune. È piuttosto un’iniziativa volta a superare ogni forma di antigiudaismo nella mentalità e nella coscienza dei cattolici e sviluppare nuove forme di relazioni tra ebrei e cristiani che favoriscano un dialogo costruttivo, una maggiore conoscenza reciproca e un cammino di sincera e vera riconciliazione.

Con quest’iniziativa i cristiani sono chiamati anche a prendere coscienza del debito di gratitudine che hanno verso il popolo d’Israele, non solo quello della storia biblica, ma quello che vive ancora pur nelle contraddizioni dell’attuale storia, popolo che ha ricevuto l’alleanza con Dio e doni mai revocati (Romani 11,29) e dal quale proviene Cristo secondo la carne. Che Gesù fosse ebreo nessuno l’ha mai messo in dubbio, e anche se oggi questo dato è usato in modo polemico e provocatorio contro la fede cristiana, si deve pertanto considerare che tutto ciò che riguarda gli ebrei riguarda anche i seguaci del rabbi Gesù di Nazareth.

La conoscenza di lui suppone una migliore conoscenza d’Israele e viceversa. E ciò per evitare che si ripropongano gli equivoci del passato che hanno avuto tragiche e funeste conseguenze, di cui la Chiesa ha preso atto e chiesto perdono a Dio e ai «fratelli maggiori» (Nostra aetate, 1965 e Noi ricordiamo, 1998).

Dopo la dichiarazione sulle religioni non cristiane del Concilio Vaticano II al n. 4, ai cristiani è raccomandata stima e amicizia verso gli israeliti e sono indicati anche gli elementi comuni di fede che consentono ai due popoli di compiere insieme un servizio verso l’umanità, perché conosca e riconosca l’unico Signore e Creatore ad immagine del quale è formato ogni uomo.

Negli anni passati cattolici ed ebrei hanno scelto di comune accordo temi e testi di riflessione per questa giornata che cade il 17 gennaio, vigilia della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e dall’anno scorso si è pensato di meditare sui comandamenti di Dio, il decalogo, iniziando dal primo «Io sono il Signore Dio tuo» (2006). Quest’anno la seconda parola, che per i cristiani è ancora la prima: «Non avrai altro Dio fuori di me», che nel testo dell’Esodo suona: «Non avrai altre divinità al mio cospetto» (Es 20,3).

Nessuno come gli ebrei è maestro nella lotta contro gli idoli. La loro storia e la loro identità di popolo si gioca proprio sull’affermazione che non c’è altro Dio di fronte a Dio. Questa rivelazione che Israele ha accolto nella sua purezza cristallina, non senza difficoltà e cedimenti in alcuni momenti della sua lunga storia, rappresenta una grande conquista religiosa e culturale che lo ha portato a comprendere che il suo Dio, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe non è soltanto il più grande e il più forte tra tutti gli dei, ma che è l’unico, non ve ne sono altri. L’universo è pieno della sua presenza, tutto il cosmo è il suo abito. Egli si veste di luce, è la sorgente, il sostegno, la vita del mondo: «I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Salmo 18,2).

La Bibbia ebraica è un inno a Dio, l’unico Signore, Creatore, Redentore, Pastore, Padre. Questa certezza rende i credenti uomini liberi e senza paura. Non esistono forze occulte o potenze celesti che non siano sottoposte a Colui che regna e guida l’universo: i cieli e la terra sono pieni della sua gloria. Di fronte a Lui resiste solo lo stupore e il timore, l’adorazione, il ringraziamento e la lode. Attraverso i Salmi Israele canta sempre il suo Dio (vedi, ad esempio, Salmo 104). Il popolato olimpo delle divinità pagane è dissolto come nebbia alla luce accecante del Dio unico. Quel monte viene continuamente ripopolato e pertanto è necessario purificarlo ancora con la testimonianza dell’Unico Dio e Signore. Ebrei e cristiani si devono poter confrontare insieme oggi per scoprire quali sono gli idoli, che hanno occhi e non vedono, orecchi e non sentono e non c’è respiro nella loro bocca. Anche a questo può servire la giornata di riflessione sull’ebraismo.