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Dalle urne un risultato che cambia tutte le prospettive

La cabina elettorale è un po’ il termometro del Paese. E i risultati del voto del 4 marzo ci raccontano un’Italia divisa tra un Nord ormai saldamente in mano al centrodestra e un Sud che affida la sua voglia di riscatto ai 5Stelle. Nel mezzo un cuscinetto rosso tra Emilia Romagna e Toscana sempre più esile, che dà l’impressione di essere vicino al crollo definitivo. Ci racconta anche di un Paese impaurito dall’immigrazione e dalla crisi economica, ma soprattutto arrabbiato e inquieto. Con tanta voglia di cambiare e di vedere facce nuove. Non perché si illuda che siano meglio dei politici di prima, ma quasi per ripicca verso chi ci ha governato. Alla lista dell’inesperto Di Maio ha perdonato tutto, dagli errori della Raggi allo scandalo rimborsopoli, dai rapidi voltafaccia (basti ricordare il «no» all’euro) alla mediocre e poco trasparente selezione dei candidati. Al Pd di Matteo Renzi quasi nulla. Non gli ha riconosciuto neanche i pochi meriti che indiscutibilmente aveva, come alcune leggi sui diritti civili, che da queste colonne abbiamo criticato, ma che dobbiamo riconoscere sono ampiamente condivise nella nostra società. E neanche i risultati economici del governo Gentiloni.

Adesso si apre la fase dell’analisi. Il centrosinistra dovrà riflettere sul perché non sia più in sintonia con una parte consistente del Paese. In questo momento un problema è il suo segretario – «dimissionario, ma non troppo» – Matteo Renzi, che ha dilapidato in poco tempo tutta l’empatia che aveva raccolto in giro per l’Italia. Ma si illudono quanti pensano che eliminato il leader ingombrante le cose torneranno come prima.

Il voto è una lezione anche per i fuoriusciti di Liberi e Uguali, non immuni da responsabilità nella debacle del centrosinistra. Se la sensazione di disagio nel rimanere nel Pd era comprensibile, sia la diagnosi (poco a sinistra) che la terapia (diamo vita ad un nuovo partito) si sono dimostrate fallimentari. In fondo Di Maio, mettendo da parte il «vaffa» e gli estremismi della prima ora, sta cercando di realizzare quel «partito della nazione» vagheggiato da Renzi.

Perché il Paese va a destra, forte del populismo crescente in tutta Europa. Infatti il vero vincitore è Matteo Salvini, che ha avuto il coraggio di snaturare il progetto originario («non siamo né di destra, né di sinistra ma del Nord», diceva Bossi) per assumere la leadership nazionale del centrodestra. Cinque anni fa la Lega (Nord) aveva in Toscana lo 0,73%. Adesso il 17,4%. E quei 350 mila voti in più li ha presi non solo agli alleati di Forza Italia (-160 mila), ma anche nel bacino tradizionale della sinistra. La recente perdita del Comune di Pistoia era stata un campanello d’allarme per il centrosinistra toscano. Questo voto cambia completamente le prospettive. Alla Camera, dove votano anche i 18enni, il centrodestra è a soli 34 mila voti dal centrosinistra, che sente il fiato sul collo anche dei 5Stelle.

Tra pochi mesi si voterà per i Comuni di Massa, Pisa e Siena. Più lontano è l’appuntamento del 2020 con le regionali. Ma ormai niente è più scontato per il centrosinistra. Neanche in Toscana.