Opinioni & Commenti

Difesa del suolo, priorità del nostro tempo

In questa Italia accerchiata e sovrastata dalle parole, quelle dette in libertà da politici tesi alla conservazione della loro poltrona in vista delle prossime elezioni, magari fra una partita ai videogame e l’altra, e annichilita da una crisi senza precedenti, puntualmente arriva il disastro, con le sue distruzioni e con i suoi lutti. E il circo mediatico si rinnova e prende forza nella misura in cui tutti cercano di allontanare le proprie responsabilità.

E allora si dice che il nostro territorio è troppo urbanizzato, che c’è troppa cementificazione, che la quantità abnorme di precipitazioni comunque provocherebbero disastri, che non ci sono finanziamenti. Ogni volta sembra che sia la prima e invece è solo l’ultima in ordine di tempo. Ci saranno altri disastri e altri lutti.

Negli ultimi 60 anni gli eventi naturali a carattere disastroso sono stati ben 3.362 e sono collegabili principalmente a fenomeni come improvvise inondazioni, frane di tutti i tipi e dimensioni, colate di fango e detriti. Da studi effettuati sappiamo che le frane e inondazioni che hanno sviluppato conseguenze in Italia fra il 1900-2002 sono stati ben 4.016 con gravi danni. Il numero di sfollati e senzatetto supera i 700 mila (75% a causa degli allagamenti). Frane con danni per la popolazione si sono verificate in 1.328 comuni (16,4%), e le inondazioni hanno colpito 1.156 comuni (14,3%). Nello stesso periodo esaminato dallo studio, tutte le province italiane sono state colpite da almeno una frana o inondazione. Nel complesso, sebbene sia arduo ricostruire l’onere economico, attualizzata ad oggi la spesa complessiva sostenuta è stimata in quasi 60 miliardi di euro con la particolarità che fino al 1990 la spesa media annuale era di 750 milioni di euro mentre negli ultimi 20 anni la spesa annuale media ammonta ad oltre 1,1 miliardi di euro.

Questo quadro è stato tragicamente confermato anche nel corso del presente 2012. Ma non è finita e fra ottobre e novembre abbiamo avuto in rapida, scioccante e dolorosa, successione l’esempio più eclatante di quanto l’Italia sia un paese fragile, con molte aree a rischio geologico nell’accezione più ampia di questa definizione. Ed è ormai evidente, mi auguro anche ai meno attenti, che passiamo da una emergenza all’altra senza soluzione di continuità.Dopo aver letto o ascoltato le tante dichiarazioni di Ministri, alti dirigenti dello Stato o della Regioni, ambientalisti di ritorno, Sindaci e Presidenti di Regione monta la rabbia perché non è accettabile né tollerabile che nel 2012 si debba ancora morire per disastri naturali. E c’è chi si giustifica!

La morte è sempre un mistero ineluttabile con il quale l’uomo convive fin dalla sua nascita. È però tanto insopportabile quanto paradossale dover piangere la scomparsa di madri e padri, uomini e donne nel fulgore degli anni, figli o nipoti talora giovanissimi, la cui esistenza aveva completato e reso migliore la nostra, a causa di eventi naturali per quanto estremi. Non perché l’uomo possa opporsi o contrastare le forze immense della natura ma perché lo scatenarsi di quelle forze è quasi sempre, ad eccezione dei terremoti, prevedibile così che quelle morti, quando ci sono, possono essere imputate non alla fatalità ma alle mancate previsioni, ad errori umani, a interventi non effettuati o effettuati male, per imperizia, per ridurre i costi, per miopia politica, per maggior lucro di chi li fa. E se è vero che non possiamo opporci alla forza degli eventi naturali estremi è però possibile governarli, attenuarne gli effetti più nefasti, educare la popolazione e preordinare i suoi comportamenti in concomitanza dell’evento eccezionale.

Chi fa quindi dichiarazioni inutili dovrebbe sapere che non è consentito barare e farebbe meglio a stare zitto.

La difesa del suolo è la vera priorità: si impone quindi un nuovo criterio di ripartizione della spesa dello Stato nell’ambito della quale gli sprechi sono ancora mastodontici. Nessuno ha la bacchetta magica ma se davvero ci convincessimo che la difesa del suolo è la priorità del nostro tempo forse riusciremmo anche a capire che potremmo procedere per gradi: individuare le aree più a rischio e cominciare da quelle secondo piani pluriennali di intervento. E metterli finalmente in pratica. Con gli uomini giusti e non con i lacché.

*Vice presidente del Consiglio nazionale geologi