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Embrione, le terribili ambiguità della Consulta

Per vero la decisione era scontata, perché poco prima, il 14 giugno 2015, la medesima Corte aveva consentito il ricorso alla PMA anche alle coppie non sterili, ma gravate da un rischio di trasmissione di malattie ereditarie. A meno di non ricorrere alla PMA eterologa (soluzione anch’essa già accettata dalla Corte con altra sentenza del 2013, ma ancor più eticamente negativa della stessa PMA omologa) la discriminazione tra embrioni «sani» da trasferire nel seno materno ed embrioni ritenuti malati da scartare non poteva che apparire una logica conseguenza.

Eppure l’ultima sentenza tradisce una inquietudine che merita essere sottolineata. I giudici, in nome della «esigenza di tutelare la dignità dell’embrione» non hanno annullato il generale divieto di distruggere i concepiti come era stato richiesto, ed hanno destinato gli «scarti» ad un congelamento per tempo indeterminato. Vi è dunque una seconda contraddizione interna alla sentenza stessa perché l’esito del congelamento non è certo la vita del figlio.

Eppure i giudici insistono «la tutela dell’embrione è riconducibile al precetto generale dell’art. 2», cioè al riconoscimento dei diritti dell’uomo. Dunque il concepito è un uomo? Qui la Corte cade nella terza più grave contraddizione. Certamente – essa scrive – non è una cosa: «il vulnus della tutela della sua dignità, ancorché malato, quale deriverebbe dalla sua soppressione tamquam res non trova giustificazione […]. Egli non è certamente riducibile a mero materiale biologico», ma la sua «riconoscibile soggettività» è «correlata alla genesi della vita» ed è perciò «affievolita». Ecco la contraddizione. Dove sta il principio di eguaglianza? La Corte lo applica soltanto con riferimento agli embrioni sani generati in surplus che vengono anch’essi congelati. Ma l’eguaglianza dovrebbe riguardare tutte gli esseri umani, nati e non ancora nati.

La caduta di razionalità mostra l’inquietudine. I giudici non sono in grado di affermare esplicitamente che i concepiti sono delle cose, degli oggetti oppure dei mezzi-uomini, paragonabili agli schiavi di un tempo. Perciò ricorrono a giri di parole. Ma l’inquietudine potrebbe essere un varco che è possibile allargare. È necessario che la razionalità e le competenze si facciano sentire affermando e gridando che «l’embrione è uno di noi».

È perciò significativo che contemporaneamente all’Assemblea ecclesiale fiorentina sia stata esposta nel chiostro grande della Santissima Annunziata una mostra dal titolo «Uno di noi: il volto umano dell’embrione»: uno sguardo rivolto sul figlio concepito da parte della scienza, del cuore e della mente nell’orizzonte di un nuovo umanesimo. Ed è ancor più significativo che una seconda fase dell’iniziativa «Uno di noi» sia stata rilanciata all’inaugurazione della mostra. Ora è giunto il momento di agire. L’appello è rivolto a coloro che conoscono (scienziati e medici) e che hanno particolari responsabilità riguardo alla giustizia (giuristi) e al bene comune (politici). Sul sito www.oneofusappeal.eu è possibile dare l’adesione e sul sito www.unodinoi.org si possono trovare più dettagliate spiegazioni e approfondimenti.